Giovani Comunisti di Sinistra Comunista*

per una svolta a sinistra tra i Giovani Comunisti!

domenica 22 marzo 2009

Ma non dobbiamo mandare in soffitta l’antifascismo

di Angelo d'Orsi

da Liberazione del 22-03-2009


L'autoaffondamento della nave postfascista ha già attratto l'attenzione dei commentatori e certo se ne parlerà a lungo. In fondo l'Msi, poi An, era il solo partito che, pur derivando dallo sconfitto totalitarismo fascista, avesse avuto cittadinanza nell'Europa post-1945. E ciò a dispetto della XII disposizione transitoria della Costituzione vietante «la ricostituzione del disciolto Partito fascista», e anche della successiva Legge Scelba (1952), volta alla sua attuazione, che sanziona penalmente la propaganda o l'apologia del fascismo. Vissuto sempre sul doppio binario - che peraltro fu di Mussolini, ripreso da Almirante, oggi presentato incredibilmente come uno dei "padri della patria" - dell'accettazione formale del sistema liberale e della pratica sostanziale della violenza politica, il neofascismo, divenuto postfascismo in un percorso lungo e accidentato, giunge all'abbraccio con Berlusconi e il suo partito personale che riesce a mietere consensi in ogni strato sociale.

Una scelta respinta con sdegno da Fini e poi supinamente accettata in nome proprio del largo consenso del Cavaliere, salvo tentare di preservare una "identità" di tipo correntizio in seno a questa adunata che mira a occupare tutto lo spazio politico che dal centro giunge fino alla destra estrema, pur con la freccia nel fianco costituita dalla Lega Nord, che la sua autonomia cerca di tenersela ben stretta.


Archiviato quel che del fascismo rimaneva, si può mandare in soffitta l'antifascismo? La risposta è un no chiaro e tondo. No, innanzi tutto perché la confluenza (l'assorbimento) nel Pdl intensificherà, dopo la fuoriuscita di Storace, la nascita di gruppi di fascisti duri e puri, che cercheranno sul campo di dimostrare la loro autonomia, con azioni come le aggressioni alla Sapienza e in altre sedi universitarie, o in raduni giovanili, o anche verso singoli militanti di sinistra, o ancora il gravissimo raid alla sede di Chi l'ha visto? , il programma Rai "colpevole" di aver dato un volto ai picchiatori. Un'attitudine e una cultura antifascista sono da preservare e vorrei dire tenere in esercizio (politico, intellettuale, morale) soprattutto in quanto anche lo scioglimento di An nel Pdl appare un atto formale che si inserisce nel quadro del passaggio alla "postdemocrazia" che è il volto nuovo del fascismo.


E a chi si scandalizzerà subito per quest'affermazione vorrei ricordare alcuni provvedimenti quali le leggi ad personam volte a sancire giuridicamente l'impunibilità del "capo" (atto a cui Mussolini non giunse mai: e il re, infatti, lo fece arrestare); la grave limitazione del diritto di sciopero; la riduzione degli spazi di agibilità politica in ogni sede; l'attacco all'unità del movimento operaio e l'avviata irreggimentazione di quei sindacati che si lasciano irreggimentare; la riduzione a guscio vuoto dell'istituto parlamentare: basti pensare che tutte le leggi finora approvate sono decreti convertiti in aula, tranne quella istitutiva della Commissione antimafia, solo perché non era tecnicamente possibile farlo! E che dire della recentissima proposta berlusconiana di far votare solo i capigruppo? Si aggiunga che il parlamento nelle ultime due legislature è nato da una legge elettorale definita "porcata" dal suo ideatore che cancella il diritto dell'elettore di scegliere i propri rappresentanti…


E ancora: la drastica limitazione dei diritti di libertà degli invididui e dei movimenti collettivi, non in linea con gli orientamenti politici governativi (il fascismo si spinse oltre, con una legge che consentiva il licenziamento dei pubblici dipendenti politicamente non affidabili…); l'accentramento in pochissime mani di un potere enorme, con un presidente del Consiglio che - avendo ripristinato la dicitura introdotta da Rocco di "capo del Governo" - si muove tra pubblico e privato, tra spettacolo esibizionistico e istrionismo: come non ricordare il "brav'uomo" Mussolini (definizione berlusconiana, peraltro) che si adoprava per la gioia di fotografi e cineoperatori a torso nudo in una grottesca "raccolta del grano"? Ma il "duce", se non altro, non ebbe la concezione proprietaria dello Stato, e aziendalistica della cultura oltre che della politica, che il Cavaliere non esita a mostrare e a tradurre in atti concreti.


E si potrebbe continuare. La strada che stiamo percorrendo conduce al "superamento" della democrazia. Non volete chiamarlo nuovo fascismo? Chiamatelo come vi pare, ma la soglia di attenzione deve alzarsi, non abbassarsi. E il nuovo, necessario antifascismo, comunque, dovrà essere non soltanto difesa dei princìpi costituzionali, ma della sostanza dello Stato di diritto. Nato, in questo sfortunato Paese chiamato Italia - mi si perdoni la banalità - precisamente dall'azione dell'antifascismo storico.

sabato 21 marzo 2009

Operai e studenti, autodifendervi è un diritto!

di Daniele Maffione*
20-03-09

“Guerriglieri”. Questo è il modo in cui il ministro Brunetta, quello dell’eroica lotta ai “fannulloni”, ha definito gli studenti che tentavano di uscire in corteo dalla cittadella de La Sapienza a Roma per confluire nello sciopero dei lavoratori della conoscenza. E così, ancora una volta, la verità viene ribaltata dalle giustificazioni ideologiche del governo Berlusconi. Alle brutali cariche delle polizia e dei carabinieri, che dovrebbero tutelare i diritti dei cittadini e non reprimerli, gli studenti hanno opposto la propria resistenza, tentando di difendersi con oggetti, uova, finche il lancio delle proprie scarpe.

Ed in questo non c’è nulla di sbagliato, perché è giusto ribellarsi quando un’ordinanza fascista, come quella proposta dal ministro Maroni ed adottata dal sindaco Alemanno, impedisce lo svolgimento di un corteo di protesta per le strade delle città. “Io non la chiamo violenza quando questa è autodifesa, la chiamo intelligenza!”. Così Malcom X, il leader afro-americano, rispondeva ai cronisti che lo accusavano d’incitare i neri alla rivolta nei ghetti nordamericani, che venivano puntualmente stroncate nel sangue e nella repressione poliziesca.
La realtà, però, oggigiorno è ben diversa: non siamo, infatti, negli Stati Uniti degli anni ’60 del secolo scorso, dove era ancora concepita la segregazione razziale, ma nel 2009, l’anno della crisi capitalista. Speculazioni finanziarie, crisi industriale e svolte autoritarie caratterizzano il nostro tempo. Le cariche contro gli studenti a Roma sono soltanto un tassello del mosaico reazionario del governo Berlusconi. Il fascismo non è più proponibile nelle stesse forme del 1922, ma non essendo state estirpate le sue radici, si ripropone sempre come un pericolo per la nostra debole democrazia.
E l’attacco violento ai diritti dei lavoratori, a quelli civili ed individuali dimostrano quanto sia pericoloso sottovalutare la reazione del blocco dominante in Italia alla crisi capitalista. Un dato emerge dagli scioperi e dai cortei studenteschi degli ultimi mesi: nel nostro Paese, si sta tentando di reprimere il dissenso sociale e politico e, con essi, l’agibilità democratica.
Espressione degna di questo blocco dominante, che tiene assieme la Confindustria, il Vaticano e le banche, è il governo Berlusconi, che tramite i suoi ministri ogni giorno sfoggia un attacco alla Costituzione repubblicana, sulla quale ha indegnamente prestato giuramento. Gli attacchi del governo, però, non indicano soltanto un rigurgito anti-democratico, quanto il vero e proprio acuirsi della lotta di classe nel nostro Paese.
Lotta di classe che supera le frontiere e traccia lo scenario di un rinnovato conflitto tra il capitale ed il lavoro in ogni paese dell’Unione Europea, dalla Francia alla Lituania, dall’Italia alla Gran Bretagna. La caratteristica della nostra epoca, però, è che la lotta dei lavoratori, a differenza del passato, non si accompagna ad un’ideologia di eguaglianza ed emancipazione sociale, ma alla difesa del posto di lavoro. Da questo la sinistra di classe deve cominciare ad interrogarsi, poiché spezzando i vincoli di solidarietà internazionale tra i lavoratori, il capitale adotta impunemente misure differenti da paese a paese per tenere il polso di una crisi scaturita dal proprio ventre. E’, quindi, un tema essenziale per chi si definisce comunista nel XXI secolo porre la costruzione di un nuovo internazionalismo tra i lavoratori europei e mondiali.
Questo rinnovato conflitto tra capitale e lavoro compie, però, anche un altro prodigio: pone definitivamente una pietra tombale sulle teorie degli ideologi del “nuovismo”, tanto graditi a Bertinotti e Vendola, perché il costante tentativo di logorare dall’interno il marxismo non ha prodotto altro che un indebolimento del legame tra la classe ed il proprio partito politico.
Tuttavia, le ideologie non si superano con degli slogan, ma si producono ed attecchiscono nella lotta tra sfruttati e sfruttatori, come i nostri tempi stanno ancora a dimostrare. Serve allora riscoprire un rinnovato legame tra tutti i lavoratori, che si sta producendo dall’incontro delle lotte degli insegnanti precari e degli operai in cassa integrazione, degli impiegati e dei lavoratori dei trasporti. Ed oltre, poiché anche le nuove generazioni rivendicano il diritto alla parola, quel diritto sancito dalla Costituzione antifascista sorta dalla Resistenza, che il ministro Brunetta vuole negare, quando afferma che: “gli studenti sono dei guerriglieri e come tali vanno trattati”.
Eduardo Galeano, nel suo libro Le vene aperte dell’America latina, esprime bene un concetto che potrebbe essere d’aiuto al ministro Brunetta nelle sue infelici dichiarazioni. In quel testo Galeano spiega come le missioni nordamericane in quel continente abbiano prediletto, oltre che i colpi di stato, la costruzione di forti campagne per la contraccezione per contenere l’esplosione demografica e, con essa, i problemi sociali, poiché: “appare più igienico ed efficace ammazzare i guerriglieri nell’utero che non sulle montagne o nelle strade” (Le vene aperte dell’America latina, Sperling & Kupfer editore, pg. 9). Ma né la contraccezione in America Latina, né tanto meno le cariche delle forze dell’ordine in Italia contro studenti ed operai possono fermare il dissenso.
I lavoratori e gli studenti italiani, disabituati allo scontro duro col capitale, si stanno rapidamente politicizzando. Perché la difesa dei propri diritti non può essere fermata dalla propaganda, dalla paura e dalla violenza dello stato borghese. E’ per questo che bisogna unire tutte le lotte contro il governo Berlusconi ed rischi di involuzione neofascista, perché è il capitalismo che genera tutti i mali del nostro tempo.

*Coordinamento nazionale Giovani Comunisti Area SinistraComunista

martedì 17 marzo 2009

Dal razzismo di Stato al razzismo di società

Di Chiara Pollio*


Sarebbe buona norma e regola che si ricominciasse a utilizzare i termini adatti per descrivere i fenomeni, a non aver paura di chiamare le cose col proprio nome. Mi si è detto, ad esempio, che questo Governo non è il Fascismo, e che parole come queste vanno usate con il misurino, per il rischio di risultare grossolani, allarmisti, propagandisti. Ma le parole hanno un loro significato, e in base a quello vanno utilizzate. Scevri da condizionamenti politicamente corretti, proviamo ad analizzare i provvedimenti del Governo, e la ricaduta di questi sulla società, a mente fredda. Ci renderemo conto allora che troppi, troppi sono i parallelismi che è possibile tracciare tra il clima istituzionale, sociale e degli apparati di oggi e del Ventennio, per non rimanere allarmati, per non rendersi conto che è necessario elaborare una strategia di resistenza contro un Governo che, a dispetto della sua (non troppo accentuata, peraltro) parvenza democratica, ha tutti i caratteri di un Governo autoritario, propagandistico, securitario. In una parola, fascista.

Guardiamo al caso dei rapporti con l'Altro. Cioè lo straniero, ma non solo. L'Altro è, oggi, anche chi ha cittadinanza italiana ma è “etnicamente distinto” dall'italiano medio (categoria piuttosto vacua, in realtà, ma che ha una funzione retorica molto importante). Perché, per come il Governo sta configurando le proprie linee di politica di sicurezza, pare proprio che la base giuridica del godimento dei diritti non sia più la soggettività personale né la cittadinanza, ma divenga mano a mano l'appartenenza “etnica”.

E se la parola “etnico” vi suona male o vi fa paura, perché fa tanto rima con “razza”, allora dovete avere paura del clima odierno italiano, e dei contenuti del Ddl sicurezza (o legge sulla “sicurezza degli italiani”, come l'ha definita Maurizio Gasparri) già approvato il mese scorso in Senato e ora in esame alla Camera. Troppo il divieto per i cittadini extracomunitari e clandestini di contrarre matrimonio con italiani ricorda quello dei matrimoni misti introdotti dalle leggi razziali del Ventennio. Le schedature dei bimbi rom (cittadini italiani, e dunque schedature su base etnica) e dei senzatetto, che fanno il paio con l'obbligo per legge per i medici di trasformarsi in delatori degli stranieri clandestini, hanno il sapore chiaro della repressione securitaria e propagandistica tipica degli autoritarismi. E quel curioso espediente dell’ Accordo di integrazione per gli immigrati, un permesso di soggiorno articolato in crediti per cui il diritto di cittadinanza viene goduto a seconda dei “punti” guadagnati o persi, cos'è se non un'ostentata insofferenza nei confronti della diversità e il tentativo deciso e inquietante di “normalizzazione”? Chiamiamo le cose col loro nome. Quello che si sta attuando nel nostro paese è una chiara strategia di segregazione nei confronti di questo fantomatico Altro, entità dai contorni quantomai indefiniti ma ottima per spargere insicurezza e veicolare l'attenzione verso un nemico interno, incerto, minaccioso, capitato apposta per distogliere il dibattito da altre, vere, emergenze.

Quel che è peggio, razzismo di Stato chiama razzismo sociale. Per un verso l'intolleranza è stata prevista per legge, attraverso le ronde cittadine. Per un altro, l'ammissione nell'arena politica di una data strategia legislativa ha dato il via allo sdoganamento di comportamenti sempre più violenti, come nel caso particolarmente odioso di Nettuno e in quello più recente del pestaggio di Marco Beyene in un'insospettabile Napoli razzista. Una violenza sempre più frequente, che sempre maggiormente passa sotto silenzio nei media ed incontra la tolleranza del senso comune.

Ci stiamo trasformando in una società razzista e non dobbiamo avere paura di smascherarci. Dobbiamo anzi avere cura di evitare un pericoloso “stato di negazione”, evitare di non voler credere a quello che ci sta succedendo intorno, se vogliamo combattere questa brusca svolta autoritaria del governo e delle coscienze.


* GC Napoli

venerdì 13 marzo 2009

Organizziamoci, perchè abbiamo bisogno di tutta la nostra forza!

In vista della campagna di tesseramento dei Giovani Comunisti del Prc 2009 abbiamo ritenuto necessaria ed opportuna la scelta di adottare una diversa immagine che caratterizzerà la nuova Tessera della nostra organizzazione.
Rispetto alla precedente che richiamava la caduta del Muro, abbiamo preferito utilizzare un riferimento ai quarant’anni trascorsi dal 1969 al 2009: alle lotte operaie e studentesche che in quegli anni hanno raggiunto risultati in termini di diritti sociali che prima sarebbero stati impensabili.
Il richiamo alle lotte per il diritto al lavoro e all’istruzione - fondamentali per lo sviluppo dell’idea comunista- presenti sulla nuova tessera, è per noi punto essenziale per ridare slancio alla lotta per la trasformazione dell’ attuale società.
La crisi economica e sociale, l’oscurantismo culturale ci mettono davanti alla necessità di ripartire dalla valorizzazione del ruolo dell’organizzazione dei Giovani Comunisti nelle lotte contro la precarietà e le ingiustizie che attanagliano l’esistenza delle nuove generazioni. L’immagine dell’operaio e dello studente uniti ha per noi questo significato.
Facendo nostre le parole del compagno Antonio Gramsci diciamo:
“ORGANIZZIAMOCI PERCHÉ ABBIAMO BISOGNO DI TUTTA LA NOSTRA FORZA.”

Leonardo Masone – GC Benevento
Roberto De Filippis – GC Avellino
Chiara Pollio – GC Napoli

domenica 8 marzo 2009

Impariamo dagli operai di Pomigliano, ricominciamo dal lavoro

di Beniamino Simioli*
7-03-2009

Come era ampiamente prevedibile le conseguenze della crisi del capitalismo neoliberista sono drammatiche. Chi in questi anni ha guadagnato tantissimo ora pretende non solo di socializzare le perdite, ma anche di scaricare tutti gli effetti nefasti della crisi sui lavoratori, sui pensionati, sui disoccupati e su tutte le fasce più deboli della società. In un simile contesto sociale i conflitti aumentano e lo scontro di classe si fa sempre più forte e duro. Ragionando in questa ottica si può anche facilmente capire come alcuni provvedimenti presi dal governo (ad esempio la norma antisciopero) si inseriscano in un disegno più ampio che ha come fine quello di eliminare (o comunque di limitare e indirizzare) il conflitto.
In una situazione generale certamente non positiva la condizione dello stabilimento Fiat di Pomigliano è particolarmente critica. Operai che hanno sempre lavorato al massimo delle loro possibilità, per un salario che garantiva la sola sopravvivenza, ora vedono concretizzarsi l’eventualità di perdere il posto di lavoro, sperimentando sulla propria pelle quanto possa essere feroce e brutale la morsa del capitale. I lavoratori di Pomigliano però non si sono arresti, non sono rimasti immobili di fronte alle parole piene di indifferenza e arroganza del signor Marchionne, che nonostante sia stato considerato l’uomo della provvidenza dalla maggioranza delle forze politiche riesce solo a chiedere finanziamenti allo stato. Gli operai di Pomigliano (con il contributo concreto dei compagni del circolo PRC presente in fabbrica) hanno iniziato la loro lotta, e forse proprio perché non hanno abbassato la testa sono arrivati i tentativi di repressione, le cariche della polizia, ma neanche questo ha fermato i lavoratori in lotta. Cosi tra un picchetto e l’altro gli operai, insieme al sindacato, hanno organizzato lo straordinario sciopero del 27 Febbraio che ha portato migliaia di persone nelle strade di Pomigliano, e che ha visto anche la partecipazione del nostro Partito.
Nonostante l’ottima riuscita dello sciopero, nessuno si è fatto illusioni, tutti un secondo dopo la fine della manifestazione erano ancora più convinti della giustezza della strada intrapresa, ma anche perfettamente coscienti delle difficoltà tutt’altro che superate. Il 5 Marzo anche il nostro segretario nazionale ha sentito la necessità di manifestare la solidarietà e la vicinanza sua e di tutto il Partito alla lotta dei lavoratori di Pomigliano, partecipando ad un’assemblea con gli operai, organizzata dai compagni del circolo PRC “Fiat Auto-Avio” in cui era presente anche il segretario generale della FIOM Gianni Rinaldini. Ferrero è intervenuto in una sala gremita di gente, indicando le soluzioni per uscire dalla crisi, cioè una vera redistribuzione della ricchezza, l’ampliamento e il rafforzamento degli ammortizzatori sociali, la pretesa che non ci siano licenziamenti, un produzione che possa essere più rispettosa dell’ambiente non diminuendo i posti di lavoro ma aumentandoli.
Naturalmente il segretario ha anche specificato che per raggiungere questi obiettivi è necessario rompere la cappa di consenso che c’è intorno al governo e mantenere la massima unità tra i lavoratori, sottolineando che Rifondazione deve avere proprio questo compito, essendo parte attiva di ogni conflitto. All’assemblea sono intervenuti anche tantissimi operai, ognuno portatore della sua storia personale, ma tutti perfettamente consapevoli e coscienti delle durezza della lotta e anche della chiarissima intenzione del governo di scatenare una guerra tra poveri, infatti, la totalità degli interventi richiamava proprio l’unità dei lavoratori precisando che solo cosi si può vincere.
Guardando Pomigliano e i suoi operai si capisce subito che è proprio da questo popolo (gli operai e i lavoratori in generale) che il nostro Partito deve ricominciare, perché nonostante tutti gli errori la nostra gente è disposta a darci ancora una possibilità. Non possiamo deluderla ancora.

*CPF - Napoli

domenica 1 marzo 2009

Appello per la costruzione degli appuntamenti di lotta siciliani verso il G8 della Maddalena

Il 2009 sarà l'anno del vertice G8 in Italia. Ancora una volta gli autoproclamatisi “8 grandi” della terra verranno a pianificare in modo autoritario e arrogante il destino di 6 miliardi di uomini e donne che popolano il nostro pianeta. Otto anni dopo la repressione di Genova gli otto paesi più industrializzati del pianeta verranno a ribadire che il neoliberismo è l'unico sistema possibile, in un mondo dove la stessa crisi provocata dal capitalismo sta generando privatizzazioni, licenziamenti di massa, lo smantellamento dello stato sociale, guerre e devastazioni ambientali.

Otto anni dopo gli 8 grandi devono trovare ad attenderli, con la stessa determinazione di sempre, i movimenti contro il neoliberismo e la guerra che in questi anni hanno riempito le piazze di tutto il mondo, che anche qui da noi in Sicilia hanno avuto un ruolo così importante nel costruire la solidarietà ai migranti, come nel difendere i territori, come nel sostenere l'Antimafia Sociale. Come catanesi parteciperemo alla costruzione dei percorsi di conflitto che ci porteranno alla costruzione del controvertice del G8 alla Maddalena. Riteniamo indispensabile costruire gli appuntamenti che in tutta Italia precederanno il vertice della Maddalena partendo dalla nostra Sicilia. Saranno due gli appuntamenti a cui i movimenti siciliani non potranno mancare: il G8 Ambiente a Siracusa(22/24 Aprile) e il vertice sull'immigrazione di Lampedusa (28-29 maggio). Entrambi gli appuntamenti sono, a nostro avviso, tappe fondamentali per il percorso di “lotte” che ci porterà al controvertice di Luglio della Maddalena. Consideriamo paradossale e provocatorio che entrambi gli appuntamenti istituzionali si tengano in due località simbolo delle distruzioni del neoliberismo . Siracusa, che ospiterà il vertice sull'ambiente, rappresenta il simbolo dello scempio ambientale causato da decenni di sfruttamento del territorio in nome del “profitto” e dello “sviluppo” a tutti i costi ad esclusivo vantaggio dei politicanti locali, così ben rappresentati in parlamento ed al governo, e del sistema di potere mafioso. Noi non vogliamo e non accettiamo di vedere la Sicilia come terra di inceneritori, rigassificatori,di privatizzazione di beni comuni come l’acqua , di basi militari come Sigonella, che sfruttano risorse pubbliche e rappresentano strumenti di terrore, delle trivellazioni petrolifere in una valle patrimonio dell’umanità, del Ponte di Messina e dell'annunciata centrale nucleare del Ministro Prestigiacomo. Noi non vogliamo e non accettiamo che Lampedusa e la Sicilia tutta venga usata come terra di confine e come fortezza inespugnabile per il libero fluire dei migranti. Siamo la porta chiusa dell'Europa del capitale e luogo di infinite tragedie per chi cerca una nuova vita più dignitosa e trova la morte in mare o la reclusione in una delle sempre più numerose galere etniche dell'isola(Cpa,Cara, ex Cpt). Noi non possiamo e non vogliamo accettare tutto questo. Non basta indignarsi, dobbiamo fin da subito fare appello a tutte le associazioni, i comitati, i collettivi, i centri popolari e sociali, le organizzazioni sindacali , politiche e a tutti coloro che continuano ostinatamente a battersi per un mondo diverso, affinché si costruisca un movimento ampio di dissenso e di lotta contro chi, in nome di una “crisi” globalizzata, vuole determinare le nostre vite e i destini delle nostre comunità militarizzando i nostri territori e precarizzando sempre di più le nostre condizioni di lavoro e di vita. Come rete catanese contro il G8 proponiamo che fin da subito si costruisca una agenda politica che detti i tempi e gli appuntamenti e un coordinamento di tutte le forze siciliane che intendano costruire le mobilitazioni contro il G8, partendo dai due importantissimi appuntamenti di Siracusa e Lampedusa. Ancora una volta pensiamo i conflitti sociali siano l'unica via d'uscita dalla crisi e continuiamo la nostra lotta al sistema di sfruttamento e alle istituzioni nazionali e sovranazionali che lo rappresentano in questo mondo.

Rete catanese contro il G8:

Officina Rebelde- Cpo Experia- Giovani Comunisti/e Catania- Cobas- Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella- Pcl Catania- Prc Catania- Piattaforma Comunista- Circolo Prc Misterbianco – Rete antirazzista catanese - Federazione anarchica siciliana - Arci Ct - Pdci Ct - Fgci Ct....

Per Info e adesioni:

Federico 3281328901

Valerio 3286340528

Alfonso 3803266160