Giovani Comunisti di Sinistra Comunista*

per una svolta a sinistra tra i Giovani Comunisti!

domenica 20 dicembre 2009

Tre emendamenti per rifondare i Giovani Comunisti

di Daniele Maffione (già Coordinamento nazionale G.C.)

Sinistra Comunista parteciperà alla IV Conferenza nazionale dei Giovani Comunisti presentando dei propri emendamenti nazionali al primo Documento, “Giovani Comuniste/i: Una generazione di sogni, conflitti e rivoluzioni”. Allo sbarramento delle 150 firme, richieste dal Regolamento nazionale, quest’area ha risposto consegnando ben 217 firme, raccolte in dodici regioni diverse, che sono state consegnate nei tempi previsti e con un rigore ineccepibile, superando addirittura il numero di adesioni previste per presentare un documento alternativo!

Questo risultato è dato da una straordinaria mobilitazione dei nostri militanti nei territori, prodottasi in pochi giorni, dimostrando che la nostra non è un’area esistente solo “sulla carta”, come nel caso del ceto politico di altre componenti di questa organizzazione, che decidono a tavolino il proprio peso nei futuri organismi dirigenti. Sinistra Comunista è una componente che ha una forte vocazione unitaria e vive a contatto quotidiano coi circoli territoriali e fra la base della nostra organizzazione, godendo di ampio consenso. Ad un anno e tre mesi dalla sua costituzione, quest’area culturale e programmatica, che fa del conflitto sociale, dell’organizzazione collettiva e della formazione teorica i propri punti di forza, presenterà dunque tesi integrative e sostitutive al primo Documento. Questa scelta è maturata nel tentativo di dare una prospettiva unitaria alla nostra organizzazione, ma anche con l’idea di non appiattirsi in un unanimismo sui contenuti espressi nel primo Documento. Riteniamo, infatti, questo testo largamente condivisibile e cogliamo in esso il tentativo di superare i frazionismi interni, ma ne vediamo anche i limiti analitici, che si concretizzano nella mancanza di proposta politica su alcuni temi strategici, che con i nostri emendamenti vogliamo superare. Infatti, le nostre tesi, costruite tramite un’elaborazione collettiva, colgono esattamente l’esigenza di aprire un confronto più ampio nei Giovani Comunisti: “Antifascisti nelle lotte” (integrazione alla tesi n.8), “Le/i Giovani Comuniste/i in prima linea per la difesa dei beni comuni” (integrazione alla tesi n.15) e “Giovani Comuniste/i: l’unità, il conflitto, la rifondazione comunista” (sostitutiva tesi n.25) sono gli emendamenti che presenteremo con questa prospettiva. Su una di queste tesi (quella sui beni comuni), tra l’altro, abbiamo costruito una convergenza unitaria anche con altre componenti di base della nostra organizzazione, a discapito di chi ci presenta come un’area frazionista nel primo Documento.

I compagni di Sinistra Comunista si sono fortemente battuti in tutti questi mesi per dare alla nostra organizzazione un assetto unitario ed una prospettiva rivoluzionaria ai G.C., ma finora siamo stati puntualmente esclusi da qualsiasi organismo di direzione politica o gestionale. Nonostante questo, mentre altri s’impegnavano nelle strategie pre-congressuali, abbiamo garantito l’unità nella base dell’organizzazione, fornendo una forte proiezione nel conflitto, dalla contestazione ai vertici del G8 alla lotta contro i rigurgiti neo-fascisti, dalla campagna elettorale all’impegno dato nelle Brigate di solidarietà attiva in Abruzzo. Abbiamo messo in luce i limiti dei Giovani Comunisti nella lotta di classe, proiettandoli dentro le lotte del precariato e della classe operaia, ed abbiamo promosso addirittura una scuola di formazione nazionale a Rocca di Papa (Rm), che ha fornito dei primi strumenti ideologici e culturali a tanti militanti, colmando una grave lacuna del Partito.

Oggi riassumiamo le nostre posizioni e la nostra esperienza in tre emendamenti, che mettiamo a disposizione di tutti i Giovani Comunisti, per costruire una proposta politica unitaria ed una prospettiva rivoluzionaria, che parta dalla rifondazione di un pensiero ed un’organizzazione marxista. Per noi la rifondazione comunista è quanto mai necessaria, in tempi in cui il capitalismo produce ancora piu’ ingiustizia e sfruttamento, che il governo Berlusconi e la destra eversiva traducono in restringimento della democrazia, attacco ai lavoratori e repressione politico-sociale. Alla base dei nostri emendamenti sta l’idea che le giovanili dei partiti comunisti, per loro vocazione generazionale, sentano di piu’ l’esigenza del conflitto. Questa cosa ha sempre collocato i giovani comunisti, in ogni tempo e paese, più a sinistra dei propri partiti, poiché essi spingevano le proprie organizzazioni nel vivo della lotta di classe e dei rivolgimenti sociali.

Pertanto, chiediamo a tutti i Giovani Comunisti che sentono l’esigenza di tenere unita l’organizzazione, ma anche di esprimere con forza le proprie idee, di sostenere alla IV Conferenza nazionale il primo Documento, votando i nostri emendamenti. Noi chiediamo a tutta la base di rafforzare quell’idea d’intellettuale collettivo, elaborata da Antonio Gramsci, con la quale costruire un soggetto autenticamente rivoluzionario, che sia finalmente all’altezza delle sfide dei nostri tempi!

Emendamenti al primo documento per la IV Conferenza dei GC

Giovani Comunisti: l’unità, il conflitto, la rifondazione comunista (Emendamento sostitutivo alla tesi n° 25)

“Istruitevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra intelligenza.

Agitatevi, perché avremo bisogno di tutto il nostro entusiasmo,

Organizzatevi, perché avremo bisogno di tutta la nostra forza.”

Antonio Gramsci

Il nostro Partito é da tempo impegnato nella costruzione del percorso della Federazione della Sinistra. L'idea che ne sta alla base é quella della creazione di un fronte ampio di tutte le forze che si collocano alla sinistra del Partito Democratico, che possa arrivare ad intercettare il consenso di quei soggetti più deboli delusi dalle forze di sinistra.

La costruzione di un polo della sinistra d'alternativa autonomo dal PD costituisce un'esigenza obiettiva alla luce delle attuali dinamiche di conflitto e degli effettivi rapporti di forza esistenti. Tuttavia, non si può fare a meno di constatare che l’attuale processo di costruzione della Federazione, così come si sta sviluppando, non contempla un’alternativa attraverso una trasformazione in senso comunista della società; é evidente l'assenza, anche nello statuto costitutivo, di riferimenti alle conquiste del movimento operaio e ad un’interpretazione marxista della realtà, che prospettino il superamento in senso rivoluzionario del capitalismo. Se dunque non va condannata la Federazione in sé, critichiamo però le modalità con la quale essa si è costituita e ciò che essa rischia di diventare. Tale struttura, infatti, senza il riferimento ad un progetto politico ed un'identità ben definiti e marcatamente anticapitalisti, rischia di divenire un contenitore di forze con diverse opzioni strategiche sui temi del lavoro, delle alleanze politiche e della lotta al Capitale e che hanno il solo obiettivo di crescere in termini elettorali. Questo processo rappresenta la messa in discussione della “svolta a sinistra” di Chianciano, con cui poco più di un anno fa la maggioranza del nostro Partito decideva di difendere la propria autonomia politica e di rilanciare il progetto della rifondazione comunista. Se a Chianciano il Partito scelse di partire “dal basso” e “a sinistra”, il progetto della Federazione rischia di divenire una fusione operata “dall’alto” a “destra”. Su base giovanile, tale processo spingerebbe i G.C. a rinunciare di fatto alla loro autonomia e perdere quel patrimonio di storia ed esperienza che li ha resi in passato un soggetto riconosciuto dai movimenti e con un proprio radicamento politico.

Siamo invece convinti che la ricostruzione della Sinistra d’alternativa in Italia passi dal rafforzamento del nostro Partito e della sua organizzazione giovanile. In primo luogo, dobbiamo porre le basi perché Rifondazione Comunista, ed innanzitutto i G.C., diventino un nuovo “intellettuale collettivo”, in cui tutti i soggetti della produzione materiale ed intellettuale, dall'operaio al docente universitario, divisi e contrapposti dal capitalismo, possano comporre una lettura critica dell'intera società borghese ed elaborarne il superamento. E’ per questo che proponiamo l’istituzione di una vera e propria scuola di formazione politica, che è da lungo tempo un’esigenza della nostra base. In secondo luogo, con il recupero di un’analisi marxista, dobbiamo farci in grado di lanciare una sfida egemonica alle destre istituzionali e di contrastare efficacemente i rigurgiti neo-fascisti. A partire da un’approfondita analisi del conflitto capitale-lavoro, i G.C. vanno messi in condizione di ricostruire un proprio insediamento tra le nuove generazioni, colpite dal precariato lavorativo e dall’alienazione sociale prodotti dal capitalismo; di ridiventare un’organizzazione conflittuale, capace di animare le battaglie tra i giovani lavoratori, studenti e immigrati, rilanciando una nuova prospettiva rivoluzionaria. La lotta, il rafforzamento dell’organizzazione e la formazione teorica serviranno ai G.C. per attualizzare la rifondazione di un pensiero e di un Partito Comunista. Solo in questo modo potremo costruire un Polo anticapitalista che parta dall’unità delle lotte dal basso per operare la convergenza di tutte le forze della sinistra di classe.

Primi firmatari:

Daniele Maffione

Chiara Pollio

Mattia Celsi

Marco Nebuloni

Cosimo Bruzzo

Erwin Dorigo

Beniamino Simioli

Davide Di Rado

Marco Contu

Mauro Azzolina

Maria Masone

Massimo Lorusso

Antonio Callà

Grazia Di Ottavio

Lorenzo Scoccati

Roberto De Filippis

Le/i Giovani Comuniste/i in prima linea per la difesa dei beni comuni (emendamento integrativo alla tesi n°15)

Le/i Giovani Comuniste/i devono lottare per la difesa dei beni comuni e nel contrasto alla militarizzazione del territori.

Lottare oggi per i beni comuni significa adottare una posizione anticapitalista, a partire da una critica delle forme sfrenate di neoliberismo che, nell’ottica economica della mercificazione, arrivano ad aberrazioni quali la privatizzazione di risorse comuni e vitali come l’acqua. Nel nostro Paese abbiamo centinaia di fonti idriche che, privatizzate per la commercializzazione in bottiglia, sono state sottratte alle comunità locali per corrispettivi irrisori. E con il decreto Ronchi, che punta alla conversione delle aziende pubbliche di gestione in S.P.A. orientate al profitto e alla riduzione al minimo dei costi, la situazione è destinata a peggiorare. I risultati saranno l’esclusione delle fasce deboli dall’accesso all’acqua, la diminuzione dei controlli, i tagli al personale qualificato. La nostra iniziativa in tal senso ci deve vedere in prima linea in una battaglia sui territori tramite campagne d’appoggio a proposte di legge d’iniziativa popolare con tali obiettivi: ripubblicizzazione dell'acqua, erogazione di un quantitativo minimo pro-capite gratuito, ristrutturazione della rete idrica, introduzione della tariffazione progressiva.

La seconda questione sulla quale soffermarsi riguarda gli attuali modelli fallimentari di gestione dei rifiuti. Il sistema di smaltimento in Italia, basato sullo schema “produzione-utilizzo-messa in discarica-incenerimento”, risulta non sostenibile e deleterio per i territori e la salute delle persone. Quel che è peggio è che in Italia gli inceneritori vengono costruiti grazie ai proventi statali derivanti da voci di bolletta che dovrebbero essere destinati a fonti di energia pulita e rinnovabile. Un regalo del centro-sinistra prima della caduta del governo Prodi che equipara gli impianti a biomassa a quelli fotovoltaici ed eolici. Per non parlare dei rischi ben maggiori per la salute che derivano dalla fermentazione della frazione umida, che ad oggi non viene trattata in adeguati siti di compostaggio. Come G.C. dobbiamo batterci per l'alternativa di una produzione degli oggetti che possa prevedere, dopo il primo ciclo di utilizzo, un recupero integrale, attraverso un processo di riciclo virtuoso e sistematico. Come riferimento va utilizzato un modello di filiera di smaltimento dei rifiuti che prenda spunto dalla piattaforma “Rifiuti Zero”: riduzione a monte dei rifiuti, creazione di un piano rifiuti cittadino capace di dare nuova occupazione, creazione degli impianti di riciclaggio, raccolta differenziata porta a porta e, nelle grandi città, creazione di impianti T.M.B. (Trattamento Meccanico Biologico) o sistemi similari per il trattamento della frazione umida.

Oggi l’approvvigionamento energetico e la questione ambientale sono temi strettamente connessi e d’importanza vitale per il nostro Paese. I G.C. intendono criticare fortemente la linea demagogica e incostituzionale dell’attuale governo che, contravvenendo ad un Referendum Popolare sull’abolizione delle centrali nucleari, propone alle comunità locali l’installazione obbligatoria di tali impianti. Questi, così come le discariche o le grandi opere interessate da forti opposizioni locali e nazionali, vengono classificate come siti di “Interesse Strategico Militare”. Un decreto legge, varato ad hoc durante le mobilitazioni della popolazione campana contro l’apertura di nuove discariche, prevede l’interruzione delle normali garanzie democratiche in precise aree del territorio italiano, in contrasto con il principio della trasparenza e violando dunque direttamente il diritto di informazione e il collegato diritto di critica, così come tutelati dall’art. 21 della Costituzione. Queste lotte si intersecano dunque inevitabilmente con le lotte alla militarizzazione del territorio e quindi alla lotta all’imperialismo statunitense. Le basi nord-americane impiegano, spesso quasi a costo zero, i nostri beni comuni, che vengono perciò messi al servizio dell’egemonia degli USA e del loro modello politico, economico, sociale e culturale. E' dunque riconnettendo la lotta anti-imperialista alla difesa del territorio e dei beni comuni che dobbiamo sostenere la formazione di un movimento che si ponga come prospettiva la chiusura della totalità delle circa 113 basi militari USA e l’uscita dell’Italia dalla Nato, radicalizzando le lotte condotte dai diversi comitati e coordinamenti dei cittadini sorti sul territorio, volti ad aumentare il dissenso nei confronti della presenza militare yankee.

Primi firmatari:

Roberto De Filippis

Daniele Maffione

Chiara Pollio

Cesare Mussini

Marco Nebuloni

Cosimo Bruzzo

Erwin Dorigo

Beniamino Simioli

Davide Di Rado

Marco Contu

Mauro Azzolina

Maria Masone

Massimo Lorusso

Antonio Callà

Grazia Di Ottavio

Lorenzo Scoccati

Mattia Celsi

Antifascisti nelle lotte (Emendamento integrativo alla tesi n° 8)

“Tocca ai giovani continuare sulla strada maestra, ai giovani continuare la Resistenza.”

Giovanni Pesce - Partigiano

Il clima di accentuata disgregazione sociale determinato da questa crisi è stato pretestuosamente utilizzato dal Governo Berlusconi per realizzare profondi e violenti attacchi ai diritti dei lavoratori, dei migranti e degli studenti, determinando una svolta classista, xenofoba e securitaria nel nostro paese, della cui egemonia sono vittime anche le forze moderate d’opposizione. Questo non è scollegato dall’avanzata del senso comune di destra e del neo-fascismo: è proprio il disagio sociale da un lato, e le risposte discriminatorie che le destre di governo forniscono dall’altro, a foraggiare la proliferazione dei gruppi neofascisti, ed a permettere a questi ultimi la conquista di agibilità politica e sociale. Persino le rivendicazioni storiche del movimento comunista, come il diritto alla cultura, gli spazi sociali e l'intervento nel disagio quotidiano, divengono campo d'azione di una nuova destra, che si palesa e nella veste “sociale” e in quella “istituzionale”.

E’ proprio per questo che l’antifascismo deve essere bussola imprescindibile di tutta l’azione politica dei GC, sia come riferimento politico-culturale, sia come pratica sociale da riconnettere alla natura anticapitalista di un’organizzazione giovanile comunista. Le radici del nostro antifascismo devono affondare in quel patrimonio di valori e di ideali che è stata la Resistenza, nella quale importanza centrale ebbero i ceti popolari e la classe operaia, nostri referenti sociali primari.

Oggi più che mai la condivisione di questi valori è doverosa e necessaria. Ma il valore fondante dell’antifascismo non va trasformato in semplice enunciazione di principio o momento cerimoniale. Esso deve vivere, in primo luogo, in un’azione di contrasto sul piano culturale contro chi tende, attraverso una continua opera di revisionismo, a svilire di significato questo patrimonio di idee. In secondo luogo (ma di certo non meno importante) è la nostra stessa militanza che va riformulata su queste basi, nell’obiettivo di contrastare i sempre più frequenti episodi di neo-fascismo, che si declinano nel vecchio cancro xenofobo, razzista, classista ed omofobo. Il primo passo operativo che proponiamo in questa direzione è che i G.C. si facciano promotori di Coordinamenti antifascisti permanenti, che aggreghino tutti i soggetti antifascisti e la cittadinanza democratica, con la funzione di mantenere viva la militanza antifascista e di non farsi cogliere impreparati di fronte a episodi che richiedano reazioni politiche immediate. Nostra priorità deve inoltre essere la stretta collaborazione nelle reti e network antifascisti che si sono costituiti nella lotta contro i rigurgiti reazionari; nelle quali i GC devono porsi l’obiettivo di spostare il fuoco dell’azione dal semplice contrasto ai gruppi di estrema destra ad una battaglia che tenga assieme lotta al neo-fascismo ed alle politiche reazionarie del Governo Berlusconi. Non va poi dimenticata la necessità di un sempre più forte sostegno, con conseguente campagna d’iscrizione massiccia, alle varie sezioni ANPI, vista la recente apertura ai giovani all’interno dell’associazione.

Primi Firmatari:

Daniele Maffione

Luca Marchi

Chiara Pollio

Mattia Celsi

Marco Nebuloni

Cosimo Bruzzo

Erwin Dorigo

Beniamino Simioli

Davide Di Rado

Maria Masone

Marco Contu

Mauro Azzolina

Roberto De Filippis

Massimo Lorusso

Antonio Callà

Grazia Di Ottavio

Lorenzo Scoccati

mercoledì 18 novembre 2009

La scuola pubblica è in serio pericolo: la Polizia risponde e arresta 9 dissidenti!! L'opinione di un Giovane Comunista...

Non amo la violenza, per natura e per convinzione politica, e vorrei poter combattere il sistema con ogni mezzo a partire da quelli culturali. Tuttavia non sono nonviolento ad ogni costo, semplicemente sono comunista.

Nella mia attività politica ho avuto modo di conoscere personalmente compagni anarchici che, al contrario, hanno una visione di lotta che contempla pratiche violente, o più semplicemente illegali, con cui tuttavia condivido lo stesso medesimo progetto: una società migliore fondata sull’uguaglianza, la libertà e la solidarietà. Diversi i mezzi, identico il fine.

Venerdì in Università Statale a Milano degli studenti di un collettivo anarchico sono entrati in sede Cusl (una cooperativa che fa capo a Comunione e Liberazione), e hanno stampato alcune centinaia di fotocopie senza pagarle, come segno di protesta verso i moltissimi privilegi ingiustificati di cui questa organizzazione gode a Milano e in Lombardia. All’uscita sono stati fermati dai gestori della libreria e ne è nato un tafferuglio in cui gli studenti hanno avuto la meglio. Dopo il deprecabile gesto i compagni anarchici sono stati naturalmente denunciati. La sera di venerdì un comando di forze dell’ordine organizza una vera e propria operazione di sgombero della casa occupata in cui i compagni anarchici del sopracitato collettivo organizzano da tempo eventi culturali e sociali aperti a tutta la cittadinanza, e ne arresta 5, di cui uno a San Vittore gli altri ai domiciliari, pena prevista per l’accusa di rapina: due anni.

La mattina di oggi, martedì 17 novembre, il corteo degli studenti medi, indetto per la Giornata Internazionale del Diritto allo Studio, viene inevitabilmente caratterizzato da una certa preoccupazione verso l’esagerata reazione poliziesca nei confronti degli studenti anarchici e il tragitto autorizzato viene deviato in senso di protesta: il corteo diventa abusivo. Le forze dell’ordine intervengono bruscamente e fermano 4 studenti liceali di cui 2 rilasciati nel pomeriggio e gli altri agli arresti. L’accusa è di corteo non autorizzato, il processo sarà per direttissima. Nel pomeriggio viene indetto un presidio di protesta nella centralissima piazza San Babila: la tensione è alta.

Ho partecipato al presidio e ho incontrato compagni di diversi collettivi, scuole, età e partiti e il pensiero generale è stato: gli studenti avranno pure sbagliato, ma una reazione così repressiva è tollerabile? Si può finire agli arresti domiciliari per 30€ di fotocopie? Si può finire in questura a 18 anni per aver deviato il corso di una manifestazione per il diritto allo studio? La risposta non può che essere categoricamente negativa.

In un momento in cui la Scuola Pubblica viene messa in forte discussione dal sistema, la Polizia ha di fatto dato un chiaro segnale politico intimidatorio a tutti i dissidenti, cominciando dai più estremisti. Io e altri Giovani Comunisti lombardi non siamo riusciti a rimanere indifferenti, e per questo eravamo in piazza con le bandiere nel nostro Partito.
Non possiamo aspettare che vengano a bussare anche alla nostra porta, quando ormai l’Università sarà a pagamento, quando la scuola sarà preparazione tecnica al sistema e non più educazione ad una vita critica, quando non si insegneranno più la filosofia, la letteratura e la storia nelle scuole pubbliche, e si dovrà ricominciare a combattere per un diritto che ci sembrava naturale avere. La Polizia deve capire che la nostra lotta è anche quella dei suoi figli e dei suoi nipoti, che l’ordine non vale niente se è imposto con la forza.
Certo, vorrei vedere gli studenti milanesi più compatti, non viziati da inutili personalismi e da dannose corse per la ribalta mediatica. Vorrei partecipare a cortei organizzati in maniera più chiara, con un servizio d’ordine, con il mandato chiaro di evitare provocazioni che non ci possiamo permettere. Vorrei che i Giovani Comunisti lombardi tornino a fornire ai movimenti la loro esperienza di giovanile di partito caratterizzata dalla lotta e dal conflitto.

È già tardi ed è inutile aspettare, la scuola geme, le fabbriche chiudono, serve politica.

A Milano gli studenti tornano a reagire in massa dopo la chiusura delle scuole civiche serali Grassi e Gandhi, dopo il trasloco forzato dell’Accademia di Brera, dopo il rischio di chiusura della mensa del Politecnico, dopo la dura repressione poliziesca. Noi comunisti ci vogliamo essere?

Marco Nebuloni
Giovani Comunisti Lecco

giovedì 5 novembre 2009

Comunicato stampa GC Napoli - NO all’oscuramento mediatico dei precari della scuola!

Comunicato Stampa Giovani Comunisti:

NO all’oscuramento mediatico dei precari della scuola!

I Giovani Comunisti di Napoli solidarizzano con il Coordinamento dei Precari della Scuola di Napoli e Avellino ed aderiscono al presidio contro l’oscuramento mediatico del 6 Novembre davanti la sede regionale della RAI.

Come Giovani Comunisti, riteniamo il diritto all’istruzione un valore di fondamentale importanza, dichiarato e protetto dalla nostra Carta Costituzionale; valore che oggi viene sottoposto ad un’opera di costante smantellamento da parte delle politiche di tagli del Governo Berlusconi. L’attacco viene condotto nella maniera più violenta contro docenti precari e personale ATA: quei lavoratori, cioè, che dovrebbero avere la responsabilità di assicurare un’istruzione pubblica e di qualità, e per i quali invece il destino è quello dell’estromissione dal mondo della scuola. Si tratta di un vero e proprio licenziamento di massa, che ha in Campania il suo primato numerico. Così, il Governo riesce a colpire contemporaneamente il diritto all’istruzione, quello al lavoro e lo stesso valore della democrazia, di cui la scuola è il principale baluardo.

I Giovani Comunisti ritengono scandaloso l’oscuramento mediatico di cui la vicenda dei precari della scuola è stata oggetto, e si unisce al CSP di Napoli e Avellino nel richiedere con forza ai mezzi di informazione di dare il giusto peso e spazio alla lotta dei precari per la scuola pubblica ed il lavoro, che è insieme lotta per i diritti di tutti e la democrazia.

I Giovani Comunisti di Napoli

giovedì 29 ottobre 2009

Il conflitto, l'organizzazione, la rifondazione comunista: proposte per i Giovani Comunisti

Riceviamo ed inoltriamo dai Giovani Comunisti di La Spezia questo appello. Ci sembra un ottimo contributo per rilanciare la nostra organizzazione giovanile. Invitiamo tutti i Giovani Comunisti a firmare
I Giovani Comunisti di Sinistra Comunista

Il conflitto, l'organizzazione, la rifondazione comunista: proposte per i Giovani Comunisti

Appello a tutti i militanti

Questo documento, che parte da alcuni compagni nei territori ed è rivolto a tutti i militanti dell'organizzazione, vuole essere un contributo alla discussione sul futuro dei Giovani Comunisti. Siamo fermamente convinti che la ragion d'essere della nostra giovanile sia quella di diventare avanguardia ideale e fulcro della ricostruzione del Partito della Rifondazione Comunista; per fare questo, è necessario da un lato che essa ritorni a prendere forma a partire dai conflitti reali, che con essi si confronti e che in essi si immerga. Dall'altro, che essa incentivi e rivitalizzi il dibattito e la prassi intorno alla rifondazione del comunismo nel nostro paese. Necessità di una militanza attiva e conflittuale, riattivazione della nostra giovanile come struttura organizzata, lotta per la rifondazione comunista: sono questi i punti cui speriamo di aver dato voce in queste pagine. Negli ultimi mesi abbiamo assistito alla costruzione di positive esperienze come le Brigate di Solidarietà attiva in Abruzzo, le iniziative dei Gruppi di Acquisto Popolare e dei comitati anticrisi, che hanno contribuito al recupero delle forme di mutualismo; è però necessario per Rifondazione Comunista e per i Giovani Comunisti andare oltre, porsi come soggetto di conflitto, immerso nelle vertenze sociali ed in costante relazione con esse. Crediamo che un obiettivo per il nostro Partito ci sia, e che sia quello di dare voce e forza ai conflitti, da quelli sul lavoro a quelli del mondo dell'istruzione e dell'antirazzismo, e che questo possa essere fatto solo a partire dalla riscoperta della militanza e del valore del progetto della rifondazione comunista.

I Giovani Comunisti come soggetto democratico e unitario

L'attuale condizione dei G.C., organizzazione decimata nei numeri e che non riesce a sviluppare attività politica, risente di un vuoto di direzione, di organizzazione e soprattutto di proposta politica che ha le sue radici non solo nella scissione dell'Esecutivo vendoliano, ma ben oltre e ben prima. Esso trova origine cioè in una concezione del fare politica, comune alla scorsa dirigenza ma tutt'ora presente in certo ceto politico, basata su logiche di sopraffazione di una parte su un'altra ed esclusione delle voci di dissenso, sulla vocazione al comando a colpi di maggioranza, su “quote” e “conte interne” che mal si conciliano con la prospettiva dialettica ed unitaria che dovrebbe guidare una giovanile comunista. Tuttora, in numerose realtà locali le decisioni degli organismi dirigenti del Partito vengono assunte senza alcuna consultazione collegiale e all’insaputa della base militante. Così le istanze di trasparenza e di informazione, che dovrebbero essere i pilastri su cui si erge la democrazia interna, sono invece eluse per secondi fini da parte del ceto “dirigente”.

Per coloro ai quali sta a cuore la salvaguardia dell'autonomia e dell'esistenza stessa dei G.C., la questione della democrazia del processo decisionale diviene cruciale. Per sopravvivere, e farlo come soggetto autonomo e comunista, i G.C. non possono continuare a privarsi di una strutturale dimensione pluralista che veda un confronto permanente al proprio interno, da condizioni di agibilità piena per i militanti e dalla pratica sostanziale della democrazia ad ogni livello, a partire dai territori. Il cambio di marcia che ci aspettiamo in questa direzione deve realizzarsi a partire dalla conduzione dei lavori della prossima Conferenza giovanile e dalla formazione dei gruppi dirigenti: abbiamo il dovere ed il diritto, per il bene dell'organizzazione e della nostra militanza, di richiedere che si vada a conferenza seguendo un percorso unitario, che conduca ad un documento unico a tesi aperte; qualora invece si dovesse andare a documenti contrapposti, il dibattito verrebbe ideologizzato e logorerebbe ulteriormente la nostra organizzazione in una logica di contrapposizione. Soprattutto, abbiamo il diritto ed il dovere di richiedere e di proporre che gli organismi dirigenti che si formeranno, sia in sede centrale che sui territori, adottino una rappresentanza democratica e plurale, che ricerchi sempre una linea politica di sintesi ed unitaria. L’articolazione in tendenze, quando arricchisce di proposta e di elaborazione, è un'opportunità per un Partito; non lo è lo scontro di componenti blindate che antepongono il proprio interesse a quello del Partito e che contribuiscono così ad alimentare lo svaso di militanti. Proprio per questo dobbiamo lavorare alla formazione di una linea politica ed una gestione unitaria, poiché è l'unitarietà l'unico modo per assorbire tutte quelle energie valide e disponibili al di là dei ragionamenti di fazione. Fin troppo spesso per i posti di responsabilità, ad ogni livello della nostra organizzazione, vengono calati dall’alto nomi di compagni “fedelissimi” alla linea delle maggioranze, spesso e volentieri senza tenere in considerazione le loro reali capacità o attitudini. Riteniamo invece che nessuna esclusione dalla vita politica possa essere applicata in modo arbitrario, e che nessuno possa essere interdetto dalla militanza e dalla partecipazione a qualsiasi spazio organizzativo nel Partito – ivi compresi gli organismi dirigenti - sulla sola scorta delle proprie posizioni o dell'appartenenza a questa o quella componente. Unici criteri di valutazione ammissibili sono, a nostro parere, l’impegno militante, le attitudini, il senso di responsabilità nell'applicazione della linea politica democraticamente stabilita, la lealtà verso il Partito tutto, la reale rappresentanza sul territorio e nei luoghi di lavoro.


I Giovani Comunisti come soggetto autonomo e conflittuale

I lavori della Conferenza ci coinvolgeranno proprio durante un autunno “caldissimo”. La nostra organizzazione non dovrà perciò dimenticare nel frattempo i molteplici conflitti che esploderanno, dalla vertenza dei precari della scuola alle lotte operaie e lavorative in generale, al movimento studentesco, al quadro di progressiva segregazione dello straniero; riteniamo che, per ricostruire i G.C. e rilanciare il progetto originario della rifondazione comunista, l'elemento cruciale della militanza vada curato come che quello della gestione interna. I G.C. devono ricostruirsi non attraverso dibattiti astratti dai processi reali, ma calandosi nella realtà del conflitto come soggetto autonomo e fautore di proposta politica ed organizzativa tra i movimenti. Riteniamo di dover rifiutare qualsiasi deriva liquidatoria che “disciolga” i G.C. nei movimenti, senza identità né fine di azione all'interno di essi, se non quello di seguire strumentalmente il naturale flusso dell'attenzione mediatica rivolta ad essi. Fa parte del nostro dovere di comunisti mantenere la vitalità dei movimenti; d'altro canto, per garantirne autonomia e pluralismo, vanno condannati quegli atteggiamenti di chi agisce sul piano istituzionale senza un collegamento con le lotte alla base della società. E’ bene tornare a ribadire che i movimenti non vanno intercettati o utilizzati come fatto di potere contrattuale. Essi rappresentano una critica al verticismo ed alle tendenze bipartitiche, che blindano la rappresentantività del nostro sistema istituzionale. Se si allontanano anche dai referenti politici “naturali” come il P.R.C., ciò si deve in primo luogo ad una strumentalizzazione nei loro confronti, cosa che si è vista sul campo anche da parte della precedente gestione dei G.C., un'organizzazione che parlava del conflitto ma che a tutti gli effetti, con le mani legate dagli impegni governativi, si dimostrava tutt'altro agli occhi della gente comune. Il nostro ruolo da G.C. è di farci strumento di autorganizzazione e motore dei movimenti di lotta, fornendo quel salto di qualità che serve loro a radicalizzarsi e quindi a condividere il nostro progetto politico.

Il marxismo come strumento d'analisi della realtà

L'errore decisivo del vecchio gruppo dirigente, che ha diretto la nostra organizzazione riducendola ad un colabrodo, è stato quello di voler liquidare il comunismo descrivendolo come una montagna di errori ed orrori. Pur avendo svolto un ruolo positivo nella partecipazione ai movimenti anticapitalisti (Genova 2001 e Firenze 2002), il gruppo dirigente non ha elaborato un vero ruolo politico per i G.C.. La nostra organizzazione è stata proiettata in una spirale ideologica che, da un lato, tentava sponde organiche con le frange dei Disobbedienti, dall'altro appoggiava la partecipazione al governo Prodi, riducendo tutto ad un problema di “governance” e non di linea politica, e ciò all'unico scopo di produrre consenso verso la figura del “capo carismatico” Bertinotti. Di fatto, i G.C. sono stati ridotti alla stregua di una formazione liberal, che sosteneva soltanto battaglie per i diritti civili, senza impugnare con forza i temi del lavoro, del diritto allo studio e dell'integrazione, col risultato di emarginarci dai conflitti sociali fino a condurre alla nostra estromissione. Ne è esempio il movimento dell'Onda, dove la nostra organizzazione, colpevole di una mancanza di radicamento nei luoghi di studio (ad esclusione di isolate realtà locali), è stata sostanzialmente assente dal conflitto e criticata da più parti.
La nostra è invece l'unica organizzazione politica giovanile di sinistra presente sul territorio nazionale che potrebbe contrastare le politiche del governo Berlusconi ed il senso comune che la destra ha prodotto fra i giovani. I G.C., che hanno una storia ed una tradizione fortemente radicata nel conflitto, devono ripartire dall'esigenza di costruire un argine alla deriva reazionaria, impegnandosi nella difesa del diritto allo studio e partecipando nelle lotte contro il razzismo, il precariato e lo sfruttamento. Per ottenere ciò, però, riteniamo centrale che i G.C. assumano come riferimento ideologico il marxismo ed il leninismo, intesi non come una mera rivendicazione identitaria e dogmatica, ma come degli strumenti che ci aiutino a interpretare i processi del capitalismo. Per i G.C. il marxismo dev'essere uno strumento di analisi concreta della realtà, tramite il quale leggere le contraddizioni del sistema capitalista, sviluppare un forte radicamento tra le giovani generazioni, comprendendone l'alienazione politica e sociale e contrastando attivamente, tanto sul piano politico quanto su quello culturale, lo sfondamento della destra reazionaria e neo-fascista. Ragionare in termini marxiani e marxisti non significa del resto assimilare nozioni dogmatiche e superate; significa, anzi, rafforzare la propria consapevolezza e la propria coscienza per una critica, un’elaborazione rivoluzionaria e una proposta efficace nella lotta per l’emancipazione degli oppressi.

Vogliamo un Partito che sia un “intellettuale collettivo”

Conoscere la storia del movimento comunista internazionale è fondamentale, analizzarne gli errori e le degenerazioni è giusto ed opportuno, ma ciò va fatto stando attendi a non cadere in facili revisionismi facendo semplicemente il gioco di chi ha come unico obiettivo quello di rendere inoffensivi i comunisti e le loro battaglie. Ritornare a leggere la storia secondo i criteri del materialismo storico, abbandonando un certo finto idealismo che purtroppo in questi anni ha permeato anche la nostra organizzazione, è dunque imprescindibile; solo così potremo comprendere determinati processi e tentare di anticipare alcune dinamiche, elaborando di conseguenza una linea politica efficace, realistica e di prospettiva. Proprio per questo sentiamo l'impellente necessità di chiedere, sia al Partito che alla nostra giovanile, la creazione di percorsi di formazione politico-teorica: la nostra organizzazione ha infatti necessità di formare quadri dirigenti capaci di comprendere le dinamiche storiche e sociali, nonché di offrire a tutti i militanti quegli strumenti di analisi utili per leggere la realtà. Abbiamo cioè bisogno di un partito che si faccia di nuovo “intellettuale collettivo”, secondo la concezione di Gramsci per cui tutti i soggetti della produzione materiale ed intellettuale, dall'operaio al docente universitario, divisi e contrapposti dal capitalismo, possano comporre una lettura critica dell'intera società borghese ed elaborarne il superamento. Allo stesso tempo, la nostra organizzazione non può concentrare le proprie energie soltanto sul dibattito ideologico, divenendo una formazione sterile ed ultra-identitaria, ma deve proporre il proprio intervento in tutti i contesti di conflitto giovanile.

Le istituzioni e la rappresentanza di classe

Altro aspetto che coinvolge i G.C. concerne il rapporto che questi devono avere con le istituzioni, dopo l’appiattimento istituzionale che ha portato Rifondazione Comunista lontano da un contatto reale con la società e il conflitto. Crediamo che la considerazione che un partito comunista e la sua componente giovanile debbano avere delle istituzioni sia quello di mezzo per la rappresentanza degli interessi e delle istanze di classe, senza che questo possa esaurirne l’attività politica. E' indispensabile per noi chiarire tale elemento, poiché legato a ciò sta il fatto che i G.C. per troppo tempo sono stati preda di fenomeni di arrivismo, carrierismo e autoreferenzialità dei gruppi dirigenti. Purtroppo, nonostante la scissione, simili derive sono ancora presenti e mettono in discussione il senso stesso dell’esistenza di una componente giovanile nel P.R.C. . Esistono due opzioni ugualmente aberranti: una fortemente identitaria, che però nasconde forti spinte burocratiche e moderate volte esclusivamente ad afferrare posti di potere in una struttura in stato comatoso; un’altra prettamente liquidatoria, erede della linea tenuta dal fuoriuscito Esecutivo Nazionale che, dietro un movimentismo praticato solo a parole, celava l’intento di liquidare la nostra struttura ed il suo patrimonio ideale in omaggio alla costruzione di un indefinito contenitore della sinistra unita buono solo come stampella sinistra del P.D. . La deriva istituzionale ha portato Rifondazione Comunista ad abbandonare i luoghi del conflitto ad altri soggetti come il sindacato ed i movimenti, ed i G.C. a diventare una struttura sconosciuta ai più e adatta soltanto a trampolino di lancio per ottenere cariche di partito. Tutto ciò non è più tollerabile, ed è indispensabile lavorare perché i G.C. riscoprano il compito cardine di ogni comunista, quello della militanza attiva. Questo, peraltro, ci porta a considerare i rapporti da tenere con le altre forze politiche d'opposizione. Riteniamo urgente per la nostra stessa sopravvivenza come Partito affermare una linea di forte autonomia dal P.D. e dal centrosinistra, poiché questo esprime delle posizioni subalterne ed accondiscendenti rispetto a quelle delle destre, e che in ultima istanza riflettono gli interessi del padronato.

Politicizzare il conflitto capitale-lavoro

In un quadro economico disastroso, che in Italia si complica per la presenza del governo più reazionario dal Dopoguerra ad oggi, e che ci consegna un livello estremamente alto di tensione sociale, emerge decisamente la necessità di una forza comunista capace di offrire un'alternativa di società e di sviluppo radicalmente diverse. In questo senso l’unico modo per garantire la sopravvivenza del P.R.C. e dell’idea comunista in Italia è tornare alla centralità del lavoro, rilanciare il radicamento sociale del Partito e la sua presenza nei luoghi del conflitto. Di fronte alla enorme massa di licenziamenti causati dalla crisi, la sempre maggiore precarizzazione del lavoro, la piaga endemica del lavoro nero, le continue morti sul lavoro, è tempo che il Partito ed i G.C. in testa tornino al loro ruolo di motori del conflitto capitale-lavoro. Milioni di giovani sono ormai costantemente posti in una condizione di ricattabilità rispetto al capitale tramite lo strumento del lavoro precario che, promosso da svariate riforme, ha frammentato la capacità contrattuale e rivendicativa dei lavoratori. La sinistra ed il sindacato finora non hanno saputo rispondere a questa condizione, che attiene ad una complessiva ristrutturazione del mondo del lavoro nel nostro Paese ed nel resto del mondo. Per i G.C. ed il Partito la lotta contro il precariato ed il lavoro nero, elementi specifici del più complessivo conflitto tra capitale e lavoro, dev'essere quindi una battaglia da far vivere in stretta connessione con le vertenze salariali degli altri lavoratori. Soltanto unendo tutte le lotte, dei precari, dei nativi e degli immigrati, è possibile perciò ricostruire un nuovo movimento degli operai e dei lavoratori che sia antagonista al capitale.
L'esperienza felice della INNSE e l'effetto domino che ha seguito, assieme con le lotte dei precari della scuola, segnalano un alto livello di tensione del conflitto, pronto ad accentuarsi in questo autunno. Ciò è necessario ma non sufficiente. Come Partito comunista è indispensabile infatti che interpretiamo la tensione che cresce fra i lavoratori, che si esprime essenzialmente su un piano di rivendicazione economica, lavorando per elevarne la coscienza politica. Se vogliamo raggiungere questo risultato, i G.C. dovranno impegnarsi su due fronti: da un lato, mettendo al centro del processo politico e decisionale i lavoratori; dall'altro, creando delle forme di coordinamento tra i compagni presenti in luoghi di lavoro con vertenze simili, al fine di condividere ed improntare strategie non solo efficaci sul momento, ma che diano una prospettiva di lungo periodo. Questo percorso dovrà porre le basi per la costruzione di una rete dei lavoratori comunisti in seno alle organizzazioni di massa, a cominciare dal sindacato. Socializzare le lotte per ricreare una coscienza di classe nell'attuale deserto sociale: questo l'obiettivo che riteniamo di doverci porre perché la nostra risulti un'organizzazione che può ancora offrire un valido contributo al conflitto.

Lotta antifascista e difesa dell'istruzione pubblica

Bussola imprescindibile di tutta l’azione politica dei G.C. dev'essere l’antifascismo, sia come riferimento politico-culturale sia come pratica sociale, che si riconnette alla natura anticapitalista dell’organizzazione giovanile comunista. La condivisione dei valori antifascisti è, oggi più che mai, doverosa e necessaria. In primo luogo per contrastare chi, con una continua opera di revisionismo, tende a svilire di significato quel patrimonio di idee che ereditiamo dalle lotte di emancipazione delle classi subalterne. In secondo luogo perché la necessità di una nuova militanza in questo senso è dimostrata dagli ultimi, e sempre più frequenti, episodi di neo-fascismo, che si declinano nel vecchio cancro xenofobo, razzista, classista ed omofobo. Il valore fondante dell’antifascismo non deve perciò essere trasformato in semplice momento cerimoniale, ma diventare caposaldo dell’azione politica. I G.C. devono tornare a porsi come la principale forza di opposizione alle ondate reazionarie e neofasciste in tutte le varie forme di lotta, partendo, ad esempio, dal farsi promotori di coordinamenti antifascisti. Non va poi dimenticata la necessità di un sempre più forte sostegno – e conseguentemente una capillare campagna d’iscrizione – alle varie sezioni ANPI, per dare nuovo protagonismo ai giovani all’interno dell’associazione.
Ambito d’iniziativa contingente dev'essere la scuola, dove i G.C., tramite l’antifascismo e vigilando contro le spinte anti-politiche, devono essere capaci di unire e al contempo caratterizzare fortemente i movimenti studenteschi che avranno vita nei prossimi mesi. La scuola rappresenta per ogni Partito Comunista un ambiente naturale, secondo solo alla fabbrica, in cui rintracciare tensioni al rinnovamento, come testimonia seppur contraddittoriamente il fatto che l'ultimo grande movimento di massa in Italia sia stato appunto quello studentesco dello scorso autunno. Nel sistema scuola troppe sono le contraddizioni che le esigenze del capitalismo esasperano: la situazione insostenibile dei docenti precari, edifici spesso fatiscenti, dispersione scolastica, libri, strumenti e servizi costosi a carico degli studenti, limitazioni al diritto di sciopero o di espressione, disincentivazione della ricerca, discriminazioni e baronie.

I Giovani Comunisti purtroppo hanno smarrito da tempo una posizione di visibilità e riferimento all’interno del conflitto: essi invece devono contribuire alla ricostruzione del conflitto accompagnando le contestazioni che si accendono ed evolvono in modo spontaneo a partire dalle realtà di movimento. Queste, tuttavia, non possono autonomamente assicurare un livello di conflittualità costante ed elevata, essendo soggette per loro stessa natura ad andamenti ondivaghi. Con le mobilitazioni di questo autunno i G.C. si troveranno di fronte un’occasione importantissima per dispiegare forze non solo fisiche, ma anche logistiche e soprattutto intellettuali. È fondamentale che la nostra giovanile si riorganizzi e radichi nelle realtà non solo universitarie ma anche medie superiori, supporti i movimenti offrendo spunti di conflitto e di lotta sociale, contribuisca attivamente alla costruzione, o ri-costruzione, di collettivi antifascisti in difesa dell’istruzione pubblica che assumano un ruolo di coordinamento e continuità del movimento. È infine di vitale importanza che i Giovani Comunisti agiscano nelle provincie e nelle metropoli con unità di intenti e in relazione tra loro, che trovino interlocutori con cui costruire un nuovo modello di movimento non più soggetto agli alti e bassi dell’attenzione mediatica. Soltanto immergendoci nei conflitti possiamo conquistarci la fiducia di coloro che sono disposti a diventare i nostri compagni nella lotta, della quale spetta a noi ricordare quale sia la direzione. Diviene quindi di fondamentale importanza porre le basi per un nuovo radicamento della nostra organizzazione politica fra gli studenti medi ed universitari, tentando di costruire delle forme di coordinamento più ampie con tutte le realtà che si battono in difesa del diritto allo studio e della scuola pubblica, a partire dai docenti precari, che sono in lotta per la difesa del posto di lavoro e per la qualità dell'istruzione. Ancora più importante sarà il ruolo dei G.C. e del Partito nel saper legare tutte le lotte dei lavoratori a quelle degli studenti, per costruire un fronte comune contro il Governo Berlusconi. Per una scuola democratica, pubblica, laica, anticlassista, inclusiva e multiculturale, in una parola sola antifascista.

L'unità si costruisce a partire dalle lotte

La conflittualità dei prossimi mesi sarà anche un banco di prova più ampio, per tutti i comunisti e la sinistra anticapitalista, che dovranno offrire un proprio contributo nel conflitto di classe e dare una risposta adeguata all’attacco governativo e confindustriale. L'argomento è dunque collegato al tema dell'“Unità dei comunisti”, che occupa e coinvolge nel dibattito anche la nostra organizzazione giovanile. Riteniamo che l'argomento sia importante e la discussione necessaria, ma che esso non vada affrontato con mere operazioni politiciste, bensì partendo dalla costruzione congiunta del conflitto di classe e dalla convergenza sui contenuti. Ad oggi l’unificazione tra i soggetti del P.R.C. e del P.d.C.I. non è sufficiente per ricostruire un partito comunista o tantomeno un’organizzazione giovanile di partito che sia degna di questo nome; questo approccio organizzativista scavalca completamente la necessaria ridefinizione di un progetto che richiede una base teorica oltre che pratica. In numerose realtà locali infatti il rapporto tra queste due forze è estremamente delicato sia per le differenti posizioni assunte sulle varie vertenze locali, sia per la collocazione del P.d.C.I. che si fin troppo spesso non si dimostra né autonomo né tantomeno alternativo alle scelte di governo spesso scellerate del P.D.; il P.d.C.I. ha inoltre sempre espresso un atteggiamento piuttosto diffidente nei confronti dei movimenti dal basso sui territori. E’ essenziale, quindi, che queste differenze di metodo e di merito vadano chiarite intorno al progetto per la Rifondazione comunista in Italia e che ci sia unità a partire dalle lotte della base dei partiti nei territori.

La convergenza sui contenuti va fatta a partire dalla creazione innanzitutto di un fronte unitario delle forze comuniste e della sinistra anticapitalista su obiettivi comuni: tenuta democratica contro un attacco frontale, che punta alla fascistizzazione di tutta la società; rivendicazioni politiche e sociali dei lavoratori, che rischiano di pagare due volte la crisi (la prima da licenziati e la seconda con un’ulteriore compressione dei diritti sociali e civili); lotta antimperialista; autonomia dal P.D. e dal centrosinistra. In passato sono stati commessi errori dando vita a formule organizzative con chiaro intento elettoralista e poco lungimiranti nella strategia. In tal senso, fermo restando che la costruzione di un polo della sinistra d'alternativa costituisce un'esigenza obiettiva alla luce delle attuali dinamiche di conflitto e degli effettivi rapporti di forza esistenti, crediamo che a proposito della proposta della Federazione della Sinistra d'Alternativa si debbano chiarire diversi aspetti su principi ed obiettivi. Evitando in tutti i modi che, da un lato, essa precipiti nella costruzione di un soggetto unico di ascendenza arcobalenista e che, dall'altro, costituisca una fuga organizzativista a problemi che, invece, attengono in primo luogo alla capacità di iniziativa politica e di radicamento sociale. Riteniamo che il P.R.C. debba essere protagonista di tale percorso, facendo sì che la federazione dia vita ad un tavolo per costruire una piattaforma di resistenza contro la crisi e Confindustria, nonché di lotta contro le politiche del Governo Berlusconi. Una tale piattaforma, oltretutto, per essere credibile dovrà essere stabilmente alternativa al bipolarismo che oppone il modello neo-liberista del P.D. a quello reazionario del P.D.L. .

Guardando in prospettiva ad un'azione comune dei comunisti, crediamo che questa possa realizzarsi in maniera duratura e valida solo se i vari soggetti coinvolti definiranno che cosa significhi portare avanti le lotte e gli ideali dei comunisti nel XXI secolo, solo cioè avviando un processo di confronto a lungo-medio termine che sia onesto, sincero e meticoloso, alla ricerca di una sintesi unitaria tra le sensibilità dei diversi compagni, mentre le basi dei partiti in questione lottano assieme per la tenuta democratica in Italia; solo così potrà esistere in futuro un vero partito comunista rifondato, con una dirigenza ed una base all'altezza dei compiti e delle lotte da portare avanti negli anni a venire.

Il recupero del progetto originario della rifondazione comunista

Gli obiettivi che abbiamo fin qui descritto, di cui Rifondazione Comunista e i G.C. hanno il dovere di farsi carico, rendono quindi ancora più imprescindibile l'esigenza del recupero del progetto della rifondazione comunista, sia sul piano politico - nella ricerca di una nostra linea strategica e tattica - sia nella coscienza e nel sentire della gran parte dei militanti e sia, infine, per la complessità delle domande che emergono dall'attuale realtà sociale e per la difficoltà delle risposte da formulare. Per attuare il progetto della rifondazione comunista è necessario aprire un tavolo di confronto tra i compagni di base del nostro partito, discutendo a partire dalla linea politica e tendendo ad una graduale sintesi delle posizioni interne; solo dopo aver stabilito una linea ed un progetto unitario attorno alla rifondazione comunista sarà infatti possibile aprire il dibattito con le diverse formazioni comuniste. Bisogna dare finalmente testa e gambe alla “svolta a sinistra”, per la quale serve il rafforzamento e la riorganizzazione del nostro Partito in funzione dei territori, che riparta dai Circoli e quindi dalla nostra base, riattivando per quanto riguarda la nostra giovanile i coordinamenti territoriali, provinciali e regionali perché il dibattito e la decisione siano finalmente democratici. Abbiamo la piena consapevolezza che questo non è un progetto semplice, richiede un deciso salto di qualità nella nostra elaborazione politica e quindi nella definizione delle nostre prospettive future. A maggior ragione pensiamo che i G.C. debbano essere rilanciati come il fulcro del Partito e porsi come il cuore dell’opposizione studentesca, ricollegando anche le lotte fatte dai giovani a quelle fatte dai compagni già inseriti nel mondo del lavoro, ricomponendo l’alleanza storica tra gli studenti e la classe dei lavoratori, nelle sue articolazioni tra “antico” lavoro stabile e “nuovo” precariato.

Assunto dal Coordinamento provinciale dei Giovani Comunisti di La Spezia

Per info e adesioni: giovani.comunisti.appello@gmail.com
http://giovanicomunistiappello.blogspot.com/ (sul blog l'elenco dei firmatari)

martedì 6 ottobre 2009

Comunicato Gc Napoli sull'aggressione fascista - SGOMBERO IMMEDIATO!

Oggi 6 Ottobre 2009 uno studente della scuola superiore “Margherita Di Savoia” di Napoli ha subito una barbara aggressione da parte del gruppo neo-fascista “Casa Pound”. Francesco Traietta, aggredito appena fuori la scuola, ha riportato la frattura di una costola.

Casa Pound dimostra ancora una volta la propria natura violenta e fascista di fronte alla quale nessuna tolleranza è più possibile.

I Giovani Comunisti di Napoli esprimono la loro piena solidarietà al compagno vittima dell'aggressione e richiedono alle istituzioni tutte l'IMMEDIATO SGOMBERO della struttura occupata da Casa Pound a Materdei.

Proponiamo inoltre una mobilitazione antifascista, popolare e di massa, che sottragga ogni diritto di cittadinanza e legittimità ad un'organizzazione che sistematicamente si fa portatrice di messaggi intolleranti, xenofobi, omofobi e pratiche politiche espresse soltanto tramite violenza.


Giovani Comunisti

Federazione di Napoli

lunedì 14 settembre 2009

"Botte dai leghisti perché albanesi"

VENEZIA - Aggrediti e malmenati da un gruppo di persone vestite di verde. E’ la denuncia di due camerieri albanesi di un ristorante dietro Piazza San Marco, a Venezia. L’episodio, avvenuto ieri e confermato dalla questura di Venezia, è stato reso noto dal consigliere comunale dei Verdi, Beppe Caccia, per il quale si è trattato di una aggressione a sfondo razzista messa in atto da "squadristi militanti della Lega".

I due camerieri, che hanno riportato lesioni guaribili in trenta e sette giorni e ora si riservano di presentare una denuncia insieme al titolare del ristorante, hanno raccontato di avere avuto un diverbio con uno dei quattro aggressori poco prima della colluttazione.

A quanto si apprende, ieri le 11,40 alla Briccola in Calle degli Specchieri, è entrato un giovane sui trent’anni, visibilmente ubriaco e con un amaglietta con slogan leghisti. Che, all’improvviso, ha iniziato a battere con il pugno contro la vetrina del ristorante. A quel punto uno dei camerieri, di nazionalità albanese, è uscito per allontanarlo.

Per tutta risposta sono partiti gli insulti: "Che cazzo vuoi, fammi vedere il permesso di soggiorno". A quel punto la situazione è degenerata. "Sono entrati in sette-otto, tutti leghisti, ed è successo l’inferno - raccontano i lavoratori - Hanno buttato a terra una lattina di birra, poi hanno rovesciato tavoli e sedie, sfasciando mezzo locale. Avevamo davvero paura". L’aggressione è continuata con le botte al cameriere albanese. Poi gli aggressori soo scappati e si sono mischiati con i manifestanti della Lega radunati nei pressi.

Le nuove prospettive del caso Carlo Giuliani

La lunghissima sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo pronunciata a seguito del ricorso di Haidi e Giuliano Giuliani contro il governo italiano per la morte del figlio Carlo quel fatale 20 luglio 2001 durante il G8 genovese merita qualche considerazione più approfondita. Non ci se la può cavare con il giudizio "politico" per cui un altro giudice ha inteso mettere una pietra sopra quell'omicidio. Si potrebbe concludere che a Strasburgo non c'è un giudice e la Cedu si è mossa nella stessa linea del giudice genovese che archiviò invocando per Placanica la legittima difesa e l'uso legittimo delle armi solo se si parte dal presupposto che i genitori di Carlo ed il loro tenace difensore avessero messo al primo posto delle loro richieste il riconoscimento della colpa di Placanica. Il che non è e, del resto, non avrebbe potuto essere. La Cedu non è mai chiamata a decidere sulla colpevolezza di un soggetto, ma se in questo o quel caso il processo si è svolto con tutte le dovute garanzie e se l'indagine che precede il processo è stata carente o lacunosa. Il ricorso Giuliani proprio questo lamentava: che l'indagine sull'omicidio di Carlo era stata svolta male, affrettatamente e con troppi punti oscuri. Sarebbe occorso, invece, un pubblico dibattimento. Proprio su questo punto la complessa sentenza da ragione ai Giuliani.Fin dall'inizio dell'indagine (mancato tempestivo avviso ai congiunti dell'autopsia da effettuarsi e quindi impossibilità per loro di nominare periti; nulla osta alla cremazione della salma di Carlo a meno di 72 ore dall'evento), e poi nei risultati sommari e tutt'altro che convincenti degli accertamenti tecnici; continuando nella mancata indagine sulle modalità con cui si intese tutelare l'ordine pubblico in quei giorni a Genova e quindi sul non avere indagato se vi fossero state responsabilità nel mandare un inesperto psicolabile come Placanica con una pistola armata di pallottole letali e via continuando; tutti questi elementi fanno ritenere che non è stata condotta un'indagine seria, approfondita ed esaustiva.Ciascuno di questi elementi citati va a colpire dati che in tutti questi anni sono stati da molte parti censurati, anche nelle aule giudiziarie; ma che di fronte ai giudici genovesi hanno sempre trovato poco ascolto. Eccetto la contraddittorietà degli ordini e la gestione complessiva dell'ordine pubblico quel venerdì 20 luglio, specie in via Tolemaide e dintorni, che già avevano trovato un riconoscimento significativo all'interno della, peraltro durissima, sentenza di primo grado contro i manifestanti. Ora tutto ciò trova una sanzione ulteriore a livello internazionale. Non è poco.Ma la sentenza di Strasburgo pone anche questioni non da poco sulla dinamica stessa dell'omicidio, pur attestandosi poi sulla legittima difesa. Come si è potuto non indagare sul frammento di metallo rilevato nel cranio di Carlo? Come mai fu ferito con un sasso quando era già agonizzante? Come mai il defender su cui era Placanica non aveva reti di protezione ai finestrini e quindi un asse poté entrare all'interno e così impaurire il carabiniere fino a provocarne la sproporzionata reazione? Come mai Placanica, al pari degli altri operativi, fu dotato di proiettili letali invece che di proiettili di gomma antisommossa, come prescrivono le norme internazionali in questa materia e in casi come questi? I giudici di Strasburgo si sono spinti ben oltre le facili spiagge su cui si era attestata la magistratura genovese. «Deplorevole» per alcuni aspetti, l'operato della Procura, «troppe questioni cruciali sono state lasciate senza risposta», per concludere che «le autorità non hanno condotto un'adeguata indagine sulle circostanze del decesso di Giuliani». Non lo si era mai letto in una sentenza italiana, e la censura non riguarda solo la magistratura ma anche investigatori e politici.Non è un caso che i giudizi politici di parte governativa (Gasparri) si sono affrettati a dire che ora la partita è veramente chiusa. Al contrario, oggi la partita si riapre. Può essere che Placanica si senta rafforzato nell'esimente della legittima difesa. Ma vi sono responsabilità ben maggiori in capo a chi operò perché quel momento si verificasse con quelle caratteristiche.La sentenza Cedu, quindi, non solo apre alla possibilità che i genitori di Carlo agiscano in sede civile per un risarcimento adeguato, sempre ammesso che esista un possibile risarcimento per la barbara uccisione da parte dello Stato di un figlio ventenne. Ma potrebbe riaprire anche le porte dell'indagine penale, magari non necessariamente o solo contro Placanica, ma contro chi in quei drammatici giorni pose i presupposti perché la sua mano sparasse contro Carlo. Per non dire di una possibile commissione parlamentare d'inchiesta, tante volte invocata (da pochi) e sempre rigettata (da molti), che ora troverebbe una sua ulteriore legittimità proprio nella pronuncia dell'alta Corte internazionale.


da 'Il manifesto'

giovedì 3 settembre 2009

Venezia, caricato corteo dell'Onda

2 Settembre 2009

Ore 18.45 - Nonostante le cariche un gruppo di studenti, precari dello spettacolo e attivisti provenienti da tutta Italia è riuscito a raggiungere il tappeto rosso, a dispetto dello schieramento di forze di polizia in divisa e non che circondano l'area del Festival. Schierati in prima fila, hanno gettato riso nero e palloncini neri a simboleggiare la "morte della cultura" che, fuori dalla retorica dei grandi festival, è il prodotto più concreto delle politiche governative: l'attacco al FUS e la guerra all'università e al sapere sono state gli obiettivi degli slogan gridati dagli attivisti."Il precariato non è cool" , "Noi la crisi non la paghiamo" recitano alcuni degli striscioni e dei cartelli esposti.Alla manifestazione sono presenti attivisti, studenti e precari da tutta italia, insieme ai lavoratori di MTV in mobilitazione e al MOVem, il coordinamento nato alcuni mesi fa contro l'ennesima manovra contro il Fondo Unico per lo Spettacolo.

Ore 18.10 - Il testo che segue è stato diffuso alcuni minuti fa in una mailing list nazionale di movimento
«E' stato caricato pochi minuti fa il corteo composto da alcune centinaia di studenti dell'Onda e precari dello spettacolo in corso al Lido di Venezia, riunitisi alla spiaggia occupata di Global Beach, per protestare contro i tagli alla cultura e all'università. Il corteo stava raggiungendo in modo assolutamente pacifico e comunicativo l'Hotel Des Bains, nei pressi del tappeto rosso, di fronte a cui gli attivisti volevano lanciare una protesta simbolica e colorata contro la presenza al Lido del Ministro della Cultura Bondi, esponente del governo che sta sottraendo milioni di euro di fondi alla cultura, e distruggendo il sistema universitario pubblico italiano. La carica della polizia contro i precari e gli studenti è stata improvvisa e violenta, ed ha causato alcuni feriti, fortunatamente in modo non grave»

mercoledì 26 agosto 2009

Come proseguire il cammino della Rifondazione Comunista?


Nell'ambito del
1° Corso di Formazione politica di sinistracomunista*
(26/31 agosto - Rocca di Papa - Roma)
Sabato 29 agosto alle 16,30 a Rocca di Papa
Incontro/dibattito
COME PROSEGUIRE IL CAMMINO DELLA RIFONDAZIONE COMUNISTA?
con
G. Pegolo - R. Mantovani - S. Valentini - B. Bracci Torsi
Modera: L. Petrone
Info: Daniele - 3343123484

venerdì 10 luglio 2009

COMUNICATO Giovani Comunisti Napoli - G8 de L'Aquila

Oggi 10 Luglio, come Giovani Comunisti di Napoli abbiamo partecipato con una nostra delegazione alla marcia che si è tenuta a l'Aquila in contestazione al summit dei G8. Nonostante il clima di repressione e l'alto livello di intimidazione che le nostre istituzioni hanno voluto provocare tramite gli arresti dei 21 compagni per i fatti del G8 di Torino, la manifestazione si è svolta in maniera pacifica, riuscendo ad assumere il doppio significato di convinta contestazione anticapitalista ed altrettanto chiara manifestazione di solidarietà alle popolazioni danneggiate dal sisma e strumentalizzate dal nostro Governo.
Vogliamo esprimere profonda soddisfazione per la notizia giuntaci in queste ore secondo cui tutti i 21 compagni arrestati negli scorsi giorni sono stati rilasciati. Questo sembra quasi confermare la nostra ipotesi secondo cui gli arresti ad orologeria avevano l'obiettivo di sfiduciare il movimento anticapitalista dell'Aquila. Quest'obiettivo non è stato raggiunto; ma nondimeno, la repressione non si è fermata. Stamattina stessa, infatti, la polizia ha fermato alcuni compagni dei C.A.R.C. che in auto si muovevano dalla Toscana per raggiungere l'Aquila e partecipare alla manifestazione. A tutt'ora, questi compagni sono tenuti dalle forze dell'ordine in stato di fermo.
SIAMO SOLIDALI CON I COMPAGNI DEI C.A.R.C. FERMATI E NE CHIEDIAMO IMMEDIATO RILASCIO

LIBERTA PER I COMPAGNI ARRESTATI!
NESSUNO CRIMINALIZZI LA CONTESTAZIONE!


I Giovani Comunisti di Napoli

lunedì 6 luglio 2009

LIBERTA' PER GLI STUDENTI!

Questa notte in tutta Italia le forze dell'ordine hanno compiuto 21 arresti nei confronti di militanti del movimento studentesco per gli scontri avvenuti nell'ambito delle manifestazioni contro il G8 sull'università di Torino. La raffica di arresti avviene proprio alla vigilia delle mobilitazioni contro il vertice dei Grandi 8 de L'Aquila, ed ha l'aspetto di un atto intimidatorio volto a fiaccare le realtà di movimento.
Immediatamente dopo la notizia, il movimento studentesco si è riorganizzato per compiere una serie di manifestazioni davanti alle proprie università ed occupazioni di rettorati a Milano, Venezia, Bologna, Napoli. "Le occupazioni hanno l'obiettivo di ottenere un confronto con quei rettori che, durante il G8 sull'università, stavano ' dall'altra parte' ", afferma Roberto De Filippis, dei Giovani Comunisti di Avellino ma militante nel movimento studentesco napoletano, "vogliamo che prendano posizione e si schierino anche con una semplice dichiarazione in maniera solidale con i loro studenti arrestati". In tutta Italia si stanno tenendo in queste ore assemblee di movimento, per coordinare gli sforzi di tutte le realtà e dare un segno della presenza della conflittualità studentesca.
Immediata la replica del Segretario del PRC Paolo Ferrero, che ha commentato con il seguente comunicato stampa "Gli arresti di stanotte, che seguono le limitazioni del diritto a manifestare attuate in varie occasioni dal governo ed un clima di intimidazione in occasione delle manifestazioni, segnalano in modo pieno la strategia del governo: cerca di trasformare il confronto politico e sociale in un problema di ordine pubblico e in questo modo di circoscrivere e ridurre al minimo le espressioni del dissenso. Il tutto mentre i provvedimenti del governo - a partire dal pacchetto sicurezza - violano palesemente la Costituzione e legittimano il formarsi di squadracce in ogni città.
E’ del tutto evidente che gli arresti di stanotte sono arresti ad orologeria, tesi a criminalizzare il movimento contro il G8: si tratta di una operazione politica inaccettabile che denunciamo con forza.
Per parte nostra siamo impegnati alla costruzione di un movimento di massa contro le politiche del governo e di Confindustria, a partire dalle iniziative contro il G8. Riteniamo infatti che solo la costruzione di un largo movimento di massa, non violento nei modi quanto radicale nei contenuti, possa sconfiggere il tentativo reazionario del governo e aprire la strada ad una uscita da sinistra e democratica dalla crisi attuale."
Pubblichiamo di seguito il comunicato stampa dei GC di Napoli:
"I Giovani Comunisti di Napoli esprimono piena solidarietà ai 21 studenti arrestati nell’ambito delle indagini sui fatti del G8 di Torino. Siamo con Paolo Ferrero nell’affermare che gli arresti suonano come una vera e propria bomba ad orologeria dal sapore fortemente intimidatorio nei confronti delle realtà conflittuali e di movimento, proprio perché vengono realizzati a tre giorni dall’importante appuntamento del contro G8 de L’Aquila. Ancora una volta, e in misura sempre più aggressiva, si realizza quella strategia di governo che vuole spostare il confronto dal piano politico a quello poliziesco.

Appoggiamo le occupazioni dei rettorati che il movimento studentesco ha messo in atto a Milano, Venezia, Bologna, Napoli per chiedere ai rettori, che hanno partecipato ai lavori del G8 sull’Università, di rispondere della loro posizione ora ed esprimere solidarietà rispetto ad una azione di criminalizzazione che si sta abbattendo i loro stessi studenti.

LIBERTA PER I COMPAGNI STUDENTI ARRESTATI
NESSUNO CRIMINALIZZI IL MOVIMENTO
I Giovani Comunisti di Napoli"


I GIOVANI COMUNISTI DI SINISTRA COMUNISTA SI ASSOCIANO AI MOVIMENTI TUTTI NEL CONDANNARE GLI ARRESTI INTIMIDATORI E NEL RICHIEDERE L'IMMEDIATA SCARCERAZIONE DEGLI STUDENTI ARRESTATI!

sabato 27 giugno 2009

Il muro della vergogna


Ramallah, 18 giugno 2009

Cari amici,

mancano meno di tre settimane al quinto anniversario della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia sullo smantellamento del Muro. Il fatto che la costruzione del Muro continui, a cinque anni dalla sentenza, è la prova lampante dell’impunità che la comunità internazionale garantisce ad Israele.

In questo anniversario, facciamo appello ai sostenitori dei diritti dei Palestinesi in tutto il mondo affinché rinnovino i loro sforzi nella lotta contro il Muro dell’Apartheid.

Come Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid e Comitati Popolari contro il Muro e le colonie, stiamo resistendo al Muro sin dall’inizio della sua costruzione.

Oggi, la gente che si mobilita nelle proteste settimanali per difendere la propria terra contro il Muro affronta una repressione in rapida crescita da parte dell’esercito israeliano e noi vi chiediamo di unirvi a noi contro gli arresti, i ferimenti e gli assassinii del nostro popolo.

Cinque anni fa, la Corte Internazionale di Giustizia sembrava aver rafforzato la nostra battaglia. Il 9 luglio 2004, la Corte sentenziò che:

- la costruzione del Muro nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est, è illegale e che Israele doveva cessarne la costruzione, smantellare le parti già costruite e risarcire i danni causati.

- nessuno Stato avrebbe dovuto fornire aiuto o assistenza al mantenimento del Muro ed al suo regime e tutti gli Stati aderenti alla IV Convenzione di Ginevra sono obbligati ad assicurare il rispetto da parte di Israele delle leggi umanitarie internazionali.

Nonostante la chiarezza di questa sentenza, né Israele, né la comunità internazionale hanno indicato che intendono rispettare i loro obblighi verso il Diritto Internazionale. Invece, il Muro è semplicemente scomparso dall’agenda della diplomazia internazionale, mentre continuano le distruzioni di cui è causa.

Nei primi quattro mesi di quest’anno, l’esercito israeliano ha già costruito più parti del Muro che nell’intero 2008. Come risultato di questo progetto, lo sbalorditivo numero di 266.422 Palestinesi che vivono in Cisgiordania sono circondati, isolati e con la prospettiva della deportazione.

Le Nazioni Unite non hanno fatto nulla per realizzare la decisione della Corte Internazionale di Giustizia e, con l’eccezione di pochi governi, gli Stati non hanno fatto pressione o attuato sanzioni verso Israele. L’imprenditoria internazionale continua a finanziare ed a fornire materiali sia per la costruzione del Muro che per le colonie.

Se l’amministrazione Obama e i governi europei fossero seri sulle loro posizioni sulle colonie, per prima cosa imporrebbero il rispetto della sentenza della Corte, che evidenzia l’illegalità del Muro, delle colonie e del regime che vi è associato. In questo modo, i leader politici potrebbero far rispettare il Diritto Internazionale e restituire ai popoli fiducia nella pace e nel futuro.

Lasciati soli a difendere i propri diritti e le norme del Diritto Internazionale, i comitati popolari hanno continuato le mobilitazioni con il sostegno dei difensori dei diritti umani di tutto il mondo. Hanno rallentato la costruzione del Muro e ottenuto restituzioni di terre, ma l’obiettivo finale di abbattere il Muro è ancora lontano. I villaggi palestinesi continuano a pagare un alto prezzo per la loro determinazione: 16 persone, la metà delle quali bambini, sono già state uccise dalle forze israeliane nel corso delle proteste, mentre altre centinaia sono state ferite o arrestate.

Interi villaggi subiscono il coprifuoco e la chiusura dei cancelli del Muro come punizione collettiva.

L’utilizzo abituale di pallottole di plastica contro le persone sulla loro stessa terra è solo l’ultima di una lunga serie di misure che violano i nostri diritti politici.

Vi chiediamo di mobilitarvi insieme a noi in occasione del quinto anniversario della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia e di aiutarci a proteggere i comitati popolari, di rimettere il Muro nella vostra agenda, di fare pressione sui vostri governi e sulle Nazioni Unite perché si conformino al loro obbligo di realizzare la sentenza della Corte e di fermare gli affaristi internazionali che traggono profitto dai crimini israeliani.

Voi potete fare questo:

- Organizzando eventi di sensibilizzazione per il 9 luglio

- Contattando i vostri organi di informazione e chiedendogli di informare sul Muro e sulla lotta contro di esso

- Scrivendo ai vostri consolati e ai vostri parlamentari e chiedendogli di protestare contro la repressione dei comitati popolari e di impegnarsi per la realizzazione della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia

- Includendo il Muro nelle vostre campagne ed iniziative politiche.

Grazie per il vostro sostegno.

Campagna Palestinese contro il Muro dell’Apartheid

mercoledì 24 giugno 2009

Napoli, aggressione omofoba. C´è l´identikit, caccia al branco.

La ventiseienne pestata è stata la sola a intervenire in soccorso degli amici. Una manifestazione domani alle 19. Identikit del branco, a piazza Bellini una notte di violenze.

C´è l´identikit del branco. E c´è la rabbia per una notte di violenza culminata con il pestaggio di Maria Luisa, la ragazza di 26 anni che è intervenuta per difendere un amico gay e ora rischia la perdita dell´occhio sinistro. Ricoverata nella divisione di Chirurgia vascolare dell´ospedale dei Pellegrini, i sanitari le hanno diagnosticato fratture multiple all´orbita dell´occhio sinistro. Dovranno operarla, non appena l´occhio si sgonfia. E mentre I-Ken, Arcilesbica e Arcigay, organizzano una fiaccolata per domani in piazza Bellini (appuntamento alle 19), i carabinieri sono sulle tracce del branco che nella notte tra domenica e lunedì ha aggredito Maria Luisa e il suo amico.

Gli investigatori stanno cercando in particolare due ragazzi. Uno è alto un metro e 55, corporatura esile, 20 anni circa, capelli castano scuri, a spazzola, rasati ai lati. Ha il viso scavato, occhi scuri e baffi incolti. Segno distintivo: un tatuaggio sul braccio destro. La sera dell´aggressione indossava una polo arancione. L´altro, ricorda Maria Luisa, aveva addosso un giubbotto nero, è un po´ più alto, circa un metro e sessantacinque, corporatura robusta ed è più giovane, circa 17 anni. Anche lui ha i capelli rasati. Secondo i carabinieri, però, non sono Skinheads: di certo sono ragazzi del quartiere Sanità.

«La cosa che più mi fa male?», si chiede Carlo Cremona, presidente I Ken, «ho ascoltato molti ragazzi presenti alla scena e mi hanno detto che l´amico di Maria è stato insultato e preso di mira per tutta la serata. Non si è trattato di un´aggressione improvvisata, ma è durata ore e la gente che era in piazza non ha fatto niente. È rimasta ferma. Solo Maria Luisa ha avuto il coraggio di intervenire ed è stata pestata. Se invece avessero reagito tutti non sarebbe accaduto nulla». Indifferenza e paura. «Quanto accaduto in piazza Bellini è indegno di una società civile – interviene il sindaco Rosa Russo Iervolino- È un preoccupante segno di intolleranza che colpisce la nostra comunità. Sono affettuosamente vicina a questa ragazza intervenuta con generosità e coraggio contro l´inaudita violenza del branco».

E l´assessore alla Legalità Luigi Scotti, insieme all´assessore Pari opportunità, Valeria Valente, da un lato invitano «cittadini e associazioni a dare un segno forte e a partecipare in tanti alla fiaccolata» di domani, dall´altro si impegnano a fare la propria parte «per garantire una maggiore sicurezza di chi, omo o etero che sia, sta trascorrendo una serata e viene aggredito, rafforzando da subito in quella zona la presenza della polizia locale». Ma soprattutto Scotti e Valente chiedono «una più stringente collaborazione delle forze dell´ordine» e sollecitano «misure di sicurezza e controllo per scongiurare il ripetersi di simili atti». I consiglieri comunali Francesco Nicodemo (Pd) e Francesco Minisci (Movimento per la sinistra) annunciano per domani mattina un incontro tra il questore e le associazioni gay, lesbiche e Lgbt. Le stesse che stanno organizzando la fiaccolata: «Faremo un sit-in e una fiaccolata – spiegano Arcilesbica, I ken, Arcigay e l´Udi – un presidio per dire basta alla violenza e per sentire la piazza nostra, sicura, viva».

Numerosi i messaggi di solidarietà: l´Arcigay offre assistenza legale e Imma Battaglia, leader del movimento gay, chiede l´intervento del ministro dell´Interno Roberto Maroni.
«Di fronte a questi atti dobbiamo convincerci a non arrenderci. Dobbiamo contrapporci con la nostra realtà concreta», commenta il cardinale Crescenzio Sepe. «Non si senta sola Maria Luisa in queste ore», scrive sul suo blog Antonio Bassolino. Solidarietà anche dall´assessore alle Politiche sociali della Regione, Alfonsina De Felice, e dall´assessore comunale Giulio Riccio (ieri in ospedale per visitare Maria Luisa), da Leonardo Impegno, presidente del Consiglio comunale e da Sandra Lonardo, presidente del Consiglio regionale.

Fonte: La Repubblica, edizione di Napoli