Giovani Comunisti di Sinistra Comunista*

per una svolta a sinistra tra i Giovani Comunisti!

giovedì 29 ottobre 2009

Il conflitto, l'organizzazione, la rifondazione comunista: proposte per i Giovani Comunisti

Riceviamo ed inoltriamo dai Giovani Comunisti di La Spezia questo appello. Ci sembra un ottimo contributo per rilanciare la nostra organizzazione giovanile. Invitiamo tutti i Giovani Comunisti a firmare
I Giovani Comunisti di Sinistra Comunista

Il conflitto, l'organizzazione, la rifondazione comunista: proposte per i Giovani Comunisti

Appello a tutti i militanti

Questo documento, che parte da alcuni compagni nei territori ed è rivolto a tutti i militanti dell'organizzazione, vuole essere un contributo alla discussione sul futuro dei Giovani Comunisti. Siamo fermamente convinti che la ragion d'essere della nostra giovanile sia quella di diventare avanguardia ideale e fulcro della ricostruzione del Partito della Rifondazione Comunista; per fare questo, è necessario da un lato che essa ritorni a prendere forma a partire dai conflitti reali, che con essi si confronti e che in essi si immerga. Dall'altro, che essa incentivi e rivitalizzi il dibattito e la prassi intorno alla rifondazione del comunismo nel nostro paese. Necessità di una militanza attiva e conflittuale, riattivazione della nostra giovanile come struttura organizzata, lotta per la rifondazione comunista: sono questi i punti cui speriamo di aver dato voce in queste pagine. Negli ultimi mesi abbiamo assistito alla costruzione di positive esperienze come le Brigate di Solidarietà attiva in Abruzzo, le iniziative dei Gruppi di Acquisto Popolare e dei comitati anticrisi, che hanno contribuito al recupero delle forme di mutualismo; è però necessario per Rifondazione Comunista e per i Giovani Comunisti andare oltre, porsi come soggetto di conflitto, immerso nelle vertenze sociali ed in costante relazione con esse. Crediamo che un obiettivo per il nostro Partito ci sia, e che sia quello di dare voce e forza ai conflitti, da quelli sul lavoro a quelli del mondo dell'istruzione e dell'antirazzismo, e che questo possa essere fatto solo a partire dalla riscoperta della militanza e del valore del progetto della rifondazione comunista.

I Giovani Comunisti come soggetto democratico e unitario

L'attuale condizione dei G.C., organizzazione decimata nei numeri e che non riesce a sviluppare attività politica, risente di un vuoto di direzione, di organizzazione e soprattutto di proposta politica che ha le sue radici non solo nella scissione dell'Esecutivo vendoliano, ma ben oltre e ben prima. Esso trova origine cioè in una concezione del fare politica, comune alla scorsa dirigenza ma tutt'ora presente in certo ceto politico, basata su logiche di sopraffazione di una parte su un'altra ed esclusione delle voci di dissenso, sulla vocazione al comando a colpi di maggioranza, su “quote” e “conte interne” che mal si conciliano con la prospettiva dialettica ed unitaria che dovrebbe guidare una giovanile comunista. Tuttora, in numerose realtà locali le decisioni degli organismi dirigenti del Partito vengono assunte senza alcuna consultazione collegiale e all’insaputa della base militante. Così le istanze di trasparenza e di informazione, che dovrebbero essere i pilastri su cui si erge la democrazia interna, sono invece eluse per secondi fini da parte del ceto “dirigente”.

Per coloro ai quali sta a cuore la salvaguardia dell'autonomia e dell'esistenza stessa dei G.C., la questione della democrazia del processo decisionale diviene cruciale. Per sopravvivere, e farlo come soggetto autonomo e comunista, i G.C. non possono continuare a privarsi di una strutturale dimensione pluralista che veda un confronto permanente al proprio interno, da condizioni di agibilità piena per i militanti e dalla pratica sostanziale della democrazia ad ogni livello, a partire dai territori. Il cambio di marcia che ci aspettiamo in questa direzione deve realizzarsi a partire dalla conduzione dei lavori della prossima Conferenza giovanile e dalla formazione dei gruppi dirigenti: abbiamo il dovere ed il diritto, per il bene dell'organizzazione e della nostra militanza, di richiedere che si vada a conferenza seguendo un percorso unitario, che conduca ad un documento unico a tesi aperte; qualora invece si dovesse andare a documenti contrapposti, il dibattito verrebbe ideologizzato e logorerebbe ulteriormente la nostra organizzazione in una logica di contrapposizione. Soprattutto, abbiamo il diritto ed il dovere di richiedere e di proporre che gli organismi dirigenti che si formeranno, sia in sede centrale che sui territori, adottino una rappresentanza democratica e plurale, che ricerchi sempre una linea politica di sintesi ed unitaria. L’articolazione in tendenze, quando arricchisce di proposta e di elaborazione, è un'opportunità per un Partito; non lo è lo scontro di componenti blindate che antepongono il proprio interesse a quello del Partito e che contribuiscono così ad alimentare lo svaso di militanti. Proprio per questo dobbiamo lavorare alla formazione di una linea politica ed una gestione unitaria, poiché è l'unitarietà l'unico modo per assorbire tutte quelle energie valide e disponibili al di là dei ragionamenti di fazione. Fin troppo spesso per i posti di responsabilità, ad ogni livello della nostra organizzazione, vengono calati dall’alto nomi di compagni “fedelissimi” alla linea delle maggioranze, spesso e volentieri senza tenere in considerazione le loro reali capacità o attitudini. Riteniamo invece che nessuna esclusione dalla vita politica possa essere applicata in modo arbitrario, e che nessuno possa essere interdetto dalla militanza e dalla partecipazione a qualsiasi spazio organizzativo nel Partito – ivi compresi gli organismi dirigenti - sulla sola scorta delle proprie posizioni o dell'appartenenza a questa o quella componente. Unici criteri di valutazione ammissibili sono, a nostro parere, l’impegno militante, le attitudini, il senso di responsabilità nell'applicazione della linea politica democraticamente stabilita, la lealtà verso il Partito tutto, la reale rappresentanza sul territorio e nei luoghi di lavoro.


I Giovani Comunisti come soggetto autonomo e conflittuale

I lavori della Conferenza ci coinvolgeranno proprio durante un autunno “caldissimo”. La nostra organizzazione non dovrà perciò dimenticare nel frattempo i molteplici conflitti che esploderanno, dalla vertenza dei precari della scuola alle lotte operaie e lavorative in generale, al movimento studentesco, al quadro di progressiva segregazione dello straniero; riteniamo che, per ricostruire i G.C. e rilanciare il progetto originario della rifondazione comunista, l'elemento cruciale della militanza vada curato come che quello della gestione interna. I G.C. devono ricostruirsi non attraverso dibattiti astratti dai processi reali, ma calandosi nella realtà del conflitto come soggetto autonomo e fautore di proposta politica ed organizzativa tra i movimenti. Riteniamo di dover rifiutare qualsiasi deriva liquidatoria che “disciolga” i G.C. nei movimenti, senza identità né fine di azione all'interno di essi, se non quello di seguire strumentalmente il naturale flusso dell'attenzione mediatica rivolta ad essi. Fa parte del nostro dovere di comunisti mantenere la vitalità dei movimenti; d'altro canto, per garantirne autonomia e pluralismo, vanno condannati quegli atteggiamenti di chi agisce sul piano istituzionale senza un collegamento con le lotte alla base della società. E’ bene tornare a ribadire che i movimenti non vanno intercettati o utilizzati come fatto di potere contrattuale. Essi rappresentano una critica al verticismo ed alle tendenze bipartitiche, che blindano la rappresentantività del nostro sistema istituzionale. Se si allontanano anche dai referenti politici “naturali” come il P.R.C., ciò si deve in primo luogo ad una strumentalizzazione nei loro confronti, cosa che si è vista sul campo anche da parte della precedente gestione dei G.C., un'organizzazione che parlava del conflitto ma che a tutti gli effetti, con le mani legate dagli impegni governativi, si dimostrava tutt'altro agli occhi della gente comune. Il nostro ruolo da G.C. è di farci strumento di autorganizzazione e motore dei movimenti di lotta, fornendo quel salto di qualità che serve loro a radicalizzarsi e quindi a condividere il nostro progetto politico.

Il marxismo come strumento d'analisi della realtà

L'errore decisivo del vecchio gruppo dirigente, che ha diretto la nostra organizzazione riducendola ad un colabrodo, è stato quello di voler liquidare il comunismo descrivendolo come una montagna di errori ed orrori. Pur avendo svolto un ruolo positivo nella partecipazione ai movimenti anticapitalisti (Genova 2001 e Firenze 2002), il gruppo dirigente non ha elaborato un vero ruolo politico per i G.C.. La nostra organizzazione è stata proiettata in una spirale ideologica che, da un lato, tentava sponde organiche con le frange dei Disobbedienti, dall'altro appoggiava la partecipazione al governo Prodi, riducendo tutto ad un problema di “governance” e non di linea politica, e ciò all'unico scopo di produrre consenso verso la figura del “capo carismatico” Bertinotti. Di fatto, i G.C. sono stati ridotti alla stregua di una formazione liberal, che sosteneva soltanto battaglie per i diritti civili, senza impugnare con forza i temi del lavoro, del diritto allo studio e dell'integrazione, col risultato di emarginarci dai conflitti sociali fino a condurre alla nostra estromissione. Ne è esempio il movimento dell'Onda, dove la nostra organizzazione, colpevole di una mancanza di radicamento nei luoghi di studio (ad esclusione di isolate realtà locali), è stata sostanzialmente assente dal conflitto e criticata da più parti.
La nostra è invece l'unica organizzazione politica giovanile di sinistra presente sul territorio nazionale che potrebbe contrastare le politiche del governo Berlusconi ed il senso comune che la destra ha prodotto fra i giovani. I G.C., che hanno una storia ed una tradizione fortemente radicata nel conflitto, devono ripartire dall'esigenza di costruire un argine alla deriva reazionaria, impegnandosi nella difesa del diritto allo studio e partecipando nelle lotte contro il razzismo, il precariato e lo sfruttamento. Per ottenere ciò, però, riteniamo centrale che i G.C. assumano come riferimento ideologico il marxismo ed il leninismo, intesi non come una mera rivendicazione identitaria e dogmatica, ma come degli strumenti che ci aiutino a interpretare i processi del capitalismo. Per i G.C. il marxismo dev'essere uno strumento di analisi concreta della realtà, tramite il quale leggere le contraddizioni del sistema capitalista, sviluppare un forte radicamento tra le giovani generazioni, comprendendone l'alienazione politica e sociale e contrastando attivamente, tanto sul piano politico quanto su quello culturale, lo sfondamento della destra reazionaria e neo-fascista. Ragionare in termini marxiani e marxisti non significa del resto assimilare nozioni dogmatiche e superate; significa, anzi, rafforzare la propria consapevolezza e la propria coscienza per una critica, un’elaborazione rivoluzionaria e una proposta efficace nella lotta per l’emancipazione degli oppressi.

Vogliamo un Partito che sia un “intellettuale collettivo”

Conoscere la storia del movimento comunista internazionale è fondamentale, analizzarne gli errori e le degenerazioni è giusto ed opportuno, ma ciò va fatto stando attendi a non cadere in facili revisionismi facendo semplicemente il gioco di chi ha come unico obiettivo quello di rendere inoffensivi i comunisti e le loro battaglie. Ritornare a leggere la storia secondo i criteri del materialismo storico, abbandonando un certo finto idealismo che purtroppo in questi anni ha permeato anche la nostra organizzazione, è dunque imprescindibile; solo così potremo comprendere determinati processi e tentare di anticipare alcune dinamiche, elaborando di conseguenza una linea politica efficace, realistica e di prospettiva. Proprio per questo sentiamo l'impellente necessità di chiedere, sia al Partito che alla nostra giovanile, la creazione di percorsi di formazione politico-teorica: la nostra organizzazione ha infatti necessità di formare quadri dirigenti capaci di comprendere le dinamiche storiche e sociali, nonché di offrire a tutti i militanti quegli strumenti di analisi utili per leggere la realtà. Abbiamo cioè bisogno di un partito che si faccia di nuovo “intellettuale collettivo”, secondo la concezione di Gramsci per cui tutti i soggetti della produzione materiale ed intellettuale, dall'operaio al docente universitario, divisi e contrapposti dal capitalismo, possano comporre una lettura critica dell'intera società borghese ed elaborarne il superamento. Allo stesso tempo, la nostra organizzazione non può concentrare le proprie energie soltanto sul dibattito ideologico, divenendo una formazione sterile ed ultra-identitaria, ma deve proporre il proprio intervento in tutti i contesti di conflitto giovanile.

Le istituzioni e la rappresentanza di classe

Altro aspetto che coinvolge i G.C. concerne il rapporto che questi devono avere con le istituzioni, dopo l’appiattimento istituzionale che ha portato Rifondazione Comunista lontano da un contatto reale con la società e il conflitto. Crediamo che la considerazione che un partito comunista e la sua componente giovanile debbano avere delle istituzioni sia quello di mezzo per la rappresentanza degli interessi e delle istanze di classe, senza che questo possa esaurirne l’attività politica. E' indispensabile per noi chiarire tale elemento, poiché legato a ciò sta il fatto che i G.C. per troppo tempo sono stati preda di fenomeni di arrivismo, carrierismo e autoreferenzialità dei gruppi dirigenti. Purtroppo, nonostante la scissione, simili derive sono ancora presenti e mettono in discussione il senso stesso dell’esistenza di una componente giovanile nel P.R.C. . Esistono due opzioni ugualmente aberranti: una fortemente identitaria, che però nasconde forti spinte burocratiche e moderate volte esclusivamente ad afferrare posti di potere in una struttura in stato comatoso; un’altra prettamente liquidatoria, erede della linea tenuta dal fuoriuscito Esecutivo Nazionale che, dietro un movimentismo praticato solo a parole, celava l’intento di liquidare la nostra struttura ed il suo patrimonio ideale in omaggio alla costruzione di un indefinito contenitore della sinistra unita buono solo come stampella sinistra del P.D. . La deriva istituzionale ha portato Rifondazione Comunista ad abbandonare i luoghi del conflitto ad altri soggetti come il sindacato ed i movimenti, ed i G.C. a diventare una struttura sconosciuta ai più e adatta soltanto a trampolino di lancio per ottenere cariche di partito. Tutto ciò non è più tollerabile, ed è indispensabile lavorare perché i G.C. riscoprano il compito cardine di ogni comunista, quello della militanza attiva. Questo, peraltro, ci porta a considerare i rapporti da tenere con le altre forze politiche d'opposizione. Riteniamo urgente per la nostra stessa sopravvivenza come Partito affermare una linea di forte autonomia dal P.D. e dal centrosinistra, poiché questo esprime delle posizioni subalterne ed accondiscendenti rispetto a quelle delle destre, e che in ultima istanza riflettono gli interessi del padronato.

Politicizzare il conflitto capitale-lavoro

In un quadro economico disastroso, che in Italia si complica per la presenza del governo più reazionario dal Dopoguerra ad oggi, e che ci consegna un livello estremamente alto di tensione sociale, emerge decisamente la necessità di una forza comunista capace di offrire un'alternativa di società e di sviluppo radicalmente diverse. In questo senso l’unico modo per garantire la sopravvivenza del P.R.C. e dell’idea comunista in Italia è tornare alla centralità del lavoro, rilanciare il radicamento sociale del Partito e la sua presenza nei luoghi del conflitto. Di fronte alla enorme massa di licenziamenti causati dalla crisi, la sempre maggiore precarizzazione del lavoro, la piaga endemica del lavoro nero, le continue morti sul lavoro, è tempo che il Partito ed i G.C. in testa tornino al loro ruolo di motori del conflitto capitale-lavoro. Milioni di giovani sono ormai costantemente posti in una condizione di ricattabilità rispetto al capitale tramite lo strumento del lavoro precario che, promosso da svariate riforme, ha frammentato la capacità contrattuale e rivendicativa dei lavoratori. La sinistra ed il sindacato finora non hanno saputo rispondere a questa condizione, che attiene ad una complessiva ristrutturazione del mondo del lavoro nel nostro Paese ed nel resto del mondo. Per i G.C. ed il Partito la lotta contro il precariato ed il lavoro nero, elementi specifici del più complessivo conflitto tra capitale e lavoro, dev'essere quindi una battaglia da far vivere in stretta connessione con le vertenze salariali degli altri lavoratori. Soltanto unendo tutte le lotte, dei precari, dei nativi e degli immigrati, è possibile perciò ricostruire un nuovo movimento degli operai e dei lavoratori che sia antagonista al capitale.
L'esperienza felice della INNSE e l'effetto domino che ha seguito, assieme con le lotte dei precari della scuola, segnalano un alto livello di tensione del conflitto, pronto ad accentuarsi in questo autunno. Ciò è necessario ma non sufficiente. Come Partito comunista è indispensabile infatti che interpretiamo la tensione che cresce fra i lavoratori, che si esprime essenzialmente su un piano di rivendicazione economica, lavorando per elevarne la coscienza politica. Se vogliamo raggiungere questo risultato, i G.C. dovranno impegnarsi su due fronti: da un lato, mettendo al centro del processo politico e decisionale i lavoratori; dall'altro, creando delle forme di coordinamento tra i compagni presenti in luoghi di lavoro con vertenze simili, al fine di condividere ed improntare strategie non solo efficaci sul momento, ma che diano una prospettiva di lungo periodo. Questo percorso dovrà porre le basi per la costruzione di una rete dei lavoratori comunisti in seno alle organizzazioni di massa, a cominciare dal sindacato. Socializzare le lotte per ricreare una coscienza di classe nell'attuale deserto sociale: questo l'obiettivo che riteniamo di doverci porre perché la nostra risulti un'organizzazione che può ancora offrire un valido contributo al conflitto.

Lotta antifascista e difesa dell'istruzione pubblica

Bussola imprescindibile di tutta l’azione politica dei G.C. dev'essere l’antifascismo, sia come riferimento politico-culturale sia come pratica sociale, che si riconnette alla natura anticapitalista dell’organizzazione giovanile comunista. La condivisione dei valori antifascisti è, oggi più che mai, doverosa e necessaria. In primo luogo per contrastare chi, con una continua opera di revisionismo, tende a svilire di significato quel patrimonio di idee che ereditiamo dalle lotte di emancipazione delle classi subalterne. In secondo luogo perché la necessità di una nuova militanza in questo senso è dimostrata dagli ultimi, e sempre più frequenti, episodi di neo-fascismo, che si declinano nel vecchio cancro xenofobo, razzista, classista ed omofobo. Il valore fondante dell’antifascismo non deve perciò essere trasformato in semplice momento cerimoniale, ma diventare caposaldo dell’azione politica. I G.C. devono tornare a porsi come la principale forza di opposizione alle ondate reazionarie e neofasciste in tutte le varie forme di lotta, partendo, ad esempio, dal farsi promotori di coordinamenti antifascisti. Non va poi dimenticata la necessità di un sempre più forte sostegno – e conseguentemente una capillare campagna d’iscrizione – alle varie sezioni ANPI, per dare nuovo protagonismo ai giovani all’interno dell’associazione.
Ambito d’iniziativa contingente dev'essere la scuola, dove i G.C., tramite l’antifascismo e vigilando contro le spinte anti-politiche, devono essere capaci di unire e al contempo caratterizzare fortemente i movimenti studenteschi che avranno vita nei prossimi mesi. La scuola rappresenta per ogni Partito Comunista un ambiente naturale, secondo solo alla fabbrica, in cui rintracciare tensioni al rinnovamento, come testimonia seppur contraddittoriamente il fatto che l'ultimo grande movimento di massa in Italia sia stato appunto quello studentesco dello scorso autunno. Nel sistema scuola troppe sono le contraddizioni che le esigenze del capitalismo esasperano: la situazione insostenibile dei docenti precari, edifici spesso fatiscenti, dispersione scolastica, libri, strumenti e servizi costosi a carico degli studenti, limitazioni al diritto di sciopero o di espressione, disincentivazione della ricerca, discriminazioni e baronie.

I Giovani Comunisti purtroppo hanno smarrito da tempo una posizione di visibilità e riferimento all’interno del conflitto: essi invece devono contribuire alla ricostruzione del conflitto accompagnando le contestazioni che si accendono ed evolvono in modo spontaneo a partire dalle realtà di movimento. Queste, tuttavia, non possono autonomamente assicurare un livello di conflittualità costante ed elevata, essendo soggette per loro stessa natura ad andamenti ondivaghi. Con le mobilitazioni di questo autunno i G.C. si troveranno di fronte un’occasione importantissima per dispiegare forze non solo fisiche, ma anche logistiche e soprattutto intellettuali. È fondamentale che la nostra giovanile si riorganizzi e radichi nelle realtà non solo universitarie ma anche medie superiori, supporti i movimenti offrendo spunti di conflitto e di lotta sociale, contribuisca attivamente alla costruzione, o ri-costruzione, di collettivi antifascisti in difesa dell’istruzione pubblica che assumano un ruolo di coordinamento e continuità del movimento. È infine di vitale importanza che i Giovani Comunisti agiscano nelle provincie e nelle metropoli con unità di intenti e in relazione tra loro, che trovino interlocutori con cui costruire un nuovo modello di movimento non più soggetto agli alti e bassi dell’attenzione mediatica. Soltanto immergendoci nei conflitti possiamo conquistarci la fiducia di coloro che sono disposti a diventare i nostri compagni nella lotta, della quale spetta a noi ricordare quale sia la direzione. Diviene quindi di fondamentale importanza porre le basi per un nuovo radicamento della nostra organizzazione politica fra gli studenti medi ed universitari, tentando di costruire delle forme di coordinamento più ampie con tutte le realtà che si battono in difesa del diritto allo studio e della scuola pubblica, a partire dai docenti precari, che sono in lotta per la difesa del posto di lavoro e per la qualità dell'istruzione. Ancora più importante sarà il ruolo dei G.C. e del Partito nel saper legare tutte le lotte dei lavoratori a quelle degli studenti, per costruire un fronte comune contro il Governo Berlusconi. Per una scuola democratica, pubblica, laica, anticlassista, inclusiva e multiculturale, in una parola sola antifascista.

L'unità si costruisce a partire dalle lotte

La conflittualità dei prossimi mesi sarà anche un banco di prova più ampio, per tutti i comunisti e la sinistra anticapitalista, che dovranno offrire un proprio contributo nel conflitto di classe e dare una risposta adeguata all’attacco governativo e confindustriale. L'argomento è dunque collegato al tema dell'“Unità dei comunisti”, che occupa e coinvolge nel dibattito anche la nostra organizzazione giovanile. Riteniamo che l'argomento sia importante e la discussione necessaria, ma che esso non vada affrontato con mere operazioni politiciste, bensì partendo dalla costruzione congiunta del conflitto di classe e dalla convergenza sui contenuti. Ad oggi l’unificazione tra i soggetti del P.R.C. e del P.d.C.I. non è sufficiente per ricostruire un partito comunista o tantomeno un’organizzazione giovanile di partito che sia degna di questo nome; questo approccio organizzativista scavalca completamente la necessaria ridefinizione di un progetto che richiede una base teorica oltre che pratica. In numerose realtà locali infatti il rapporto tra queste due forze è estremamente delicato sia per le differenti posizioni assunte sulle varie vertenze locali, sia per la collocazione del P.d.C.I. che si fin troppo spesso non si dimostra né autonomo né tantomeno alternativo alle scelte di governo spesso scellerate del P.D.; il P.d.C.I. ha inoltre sempre espresso un atteggiamento piuttosto diffidente nei confronti dei movimenti dal basso sui territori. E’ essenziale, quindi, che queste differenze di metodo e di merito vadano chiarite intorno al progetto per la Rifondazione comunista in Italia e che ci sia unità a partire dalle lotte della base dei partiti nei territori.

La convergenza sui contenuti va fatta a partire dalla creazione innanzitutto di un fronte unitario delle forze comuniste e della sinistra anticapitalista su obiettivi comuni: tenuta democratica contro un attacco frontale, che punta alla fascistizzazione di tutta la società; rivendicazioni politiche e sociali dei lavoratori, che rischiano di pagare due volte la crisi (la prima da licenziati e la seconda con un’ulteriore compressione dei diritti sociali e civili); lotta antimperialista; autonomia dal P.D. e dal centrosinistra. In passato sono stati commessi errori dando vita a formule organizzative con chiaro intento elettoralista e poco lungimiranti nella strategia. In tal senso, fermo restando che la costruzione di un polo della sinistra d'alternativa costituisce un'esigenza obiettiva alla luce delle attuali dinamiche di conflitto e degli effettivi rapporti di forza esistenti, crediamo che a proposito della proposta della Federazione della Sinistra d'Alternativa si debbano chiarire diversi aspetti su principi ed obiettivi. Evitando in tutti i modi che, da un lato, essa precipiti nella costruzione di un soggetto unico di ascendenza arcobalenista e che, dall'altro, costituisca una fuga organizzativista a problemi che, invece, attengono in primo luogo alla capacità di iniziativa politica e di radicamento sociale. Riteniamo che il P.R.C. debba essere protagonista di tale percorso, facendo sì che la federazione dia vita ad un tavolo per costruire una piattaforma di resistenza contro la crisi e Confindustria, nonché di lotta contro le politiche del Governo Berlusconi. Una tale piattaforma, oltretutto, per essere credibile dovrà essere stabilmente alternativa al bipolarismo che oppone il modello neo-liberista del P.D. a quello reazionario del P.D.L. .

Guardando in prospettiva ad un'azione comune dei comunisti, crediamo che questa possa realizzarsi in maniera duratura e valida solo se i vari soggetti coinvolti definiranno che cosa significhi portare avanti le lotte e gli ideali dei comunisti nel XXI secolo, solo cioè avviando un processo di confronto a lungo-medio termine che sia onesto, sincero e meticoloso, alla ricerca di una sintesi unitaria tra le sensibilità dei diversi compagni, mentre le basi dei partiti in questione lottano assieme per la tenuta democratica in Italia; solo così potrà esistere in futuro un vero partito comunista rifondato, con una dirigenza ed una base all'altezza dei compiti e delle lotte da portare avanti negli anni a venire.

Il recupero del progetto originario della rifondazione comunista

Gli obiettivi che abbiamo fin qui descritto, di cui Rifondazione Comunista e i G.C. hanno il dovere di farsi carico, rendono quindi ancora più imprescindibile l'esigenza del recupero del progetto della rifondazione comunista, sia sul piano politico - nella ricerca di una nostra linea strategica e tattica - sia nella coscienza e nel sentire della gran parte dei militanti e sia, infine, per la complessità delle domande che emergono dall'attuale realtà sociale e per la difficoltà delle risposte da formulare. Per attuare il progetto della rifondazione comunista è necessario aprire un tavolo di confronto tra i compagni di base del nostro partito, discutendo a partire dalla linea politica e tendendo ad una graduale sintesi delle posizioni interne; solo dopo aver stabilito una linea ed un progetto unitario attorno alla rifondazione comunista sarà infatti possibile aprire il dibattito con le diverse formazioni comuniste. Bisogna dare finalmente testa e gambe alla “svolta a sinistra”, per la quale serve il rafforzamento e la riorganizzazione del nostro Partito in funzione dei territori, che riparta dai Circoli e quindi dalla nostra base, riattivando per quanto riguarda la nostra giovanile i coordinamenti territoriali, provinciali e regionali perché il dibattito e la decisione siano finalmente democratici. Abbiamo la piena consapevolezza che questo non è un progetto semplice, richiede un deciso salto di qualità nella nostra elaborazione politica e quindi nella definizione delle nostre prospettive future. A maggior ragione pensiamo che i G.C. debbano essere rilanciati come il fulcro del Partito e porsi come il cuore dell’opposizione studentesca, ricollegando anche le lotte fatte dai giovani a quelle fatte dai compagni già inseriti nel mondo del lavoro, ricomponendo l’alleanza storica tra gli studenti e la classe dei lavoratori, nelle sue articolazioni tra “antico” lavoro stabile e “nuovo” precariato.

Assunto dal Coordinamento provinciale dei Giovani Comunisti di La Spezia

Per info e adesioni: giovani.comunisti.appello@gmail.com
http://giovanicomunistiappello.blogspot.com/ (sul blog l'elenco dei firmatari)

martedì 6 ottobre 2009

Comunicato Gc Napoli sull'aggressione fascista - SGOMBERO IMMEDIATO!

Oggi 6 Ottobre 2009 uno studente della scuola superiore “Margherita Di Savoia” di Napoli ha subito una barbara aggressione da parte del gruppo neo-fascista “Casa Pound”. Francesco Traietta, aggredito appena fuori la scuola, ha riportato la frattura di una costola.

Casa Pound dimostra ancora una volta la propria natura violenta e fascista di fronte alla quale nessuna tolleranza è più possibile.

I Giovani Comunisti di Napoli esprimono la loro piena solidarietà al compagno vittima dell'aggressione e richiedono alle istituzioni tutte l'IMMEDIATO SGOMBERO della struttura occupata da Casa Pound a Materdei.

Proponiamo inoltre una mobilitazione antifascista, popolare e di massa, che sottragga ogni diritto di cittadinanza e legittimità ad un'organizzazione che sistematicamente si fa portatrice di messaggi intolleranti, xenofobi, omofobi e pratiche politiche espresse soltanto tramite violenza.


Giovani Comunisti

Federazione di Napoli